Lavoro intenso al molo Ichnusa in vista delle regate dell'America's Cup. E New Zealand spia
«La nostra Cagliarifornia»: Max Sirena racconta
l'avventura Luna RossaIl team director della super barca svela il suo sogno:
vivere tutto l'anno in Sardegna con la moglie e i due figli
Maria Francesca Chiappe
E sì che lo hanno scelto bene il palazzo: di fronte al molo Ichnusa la visuale spazia oltre il porto mentre dall'alto l'occhio della telecamera riprende. «Le spie di New Zealand». Non è uno scherzo: «Fa parte del gioco della Coppa America». Lo fanno anche loro. «Abbiamo i nostri osservatori in giro per il mondo. Ogni sera arriva un report, lo si analizza e nel caso si cambia». Sul volto tondo del team director Max Sirena si allarga il sorriso di chi non può dire quel che sa. A pochi giorni dal varo di uno scafo che vola sull'acqua a 50 nodi, nella base allestita nel terminal costruito per le crociere e adibito ad altro, è un viavai di uomini e donne in pantaloncini e maglietta grigi griffati Prada. Ingegneri, velisti, addetti alla segreteria, professionisti della cucina: 120 persone in tutto.
Il varo
I capannoni, quelli costati un mese di stop per una «questione risolta col buon senso», sono off limits. Tutto sarà svelato tra poco: alla fine di settembre ci sarà il varo di “barca uno”. «È diversa da quelle finora viste in acqua, abbiamo deciso di spingere al massimo e provare tutto su questa per poi concentrarci su “barca due”». Che sarà varata in Nuova Zelanda, poco prima della sfida finale. «Saranno utilizzate entrambe, a seconda delle condizioni di vento».
Il futuro
La decisione spetta a lui: 48 anni, di Rimini, una figlia di cinque anni nata a Cagliari, uno di undici nato in Spagna, la moglie toscana che vuole trasferirsi definitivamente. «Anche io. Abbiamo comprato una casa a Torre delle stelle dove vivrei tutto l'anno». Avrà mica intenzione di lasciare? «È la mia settima Coppa America...». Che non ti fa ricco ma, insomma: «Viviamo bene, siano pagati a progetto». Cioè: se sei bravo ti cercano, altrimenti devi cercare tu. Max Sirena è nel primo gruppo. Non a caso dopo l'improvviso abbandono del 2015 («avevano cambiato le regole in corsa») lo ha scritturato il nemico pubblico numero uno, New Zealand. Sia chiaro: non è stato un tradimento: «Ho portato molto del lavoro svolto fino a quel momento proprio a Cagliari». E allora c'è pure un pezzo di Sardegna nella vittoria dei neozelandesi. «Sì, ma ora bisogna cercare di portargliela via».
Il carattere
Lo sguardo azzurro come il mare al mattino svela la grinta del campione: «Mi chiamavano prozac ma ho smussato il mio carattere anche se talvolta mi fanno incazzare. È normale, siamo 120, passiamo più tempo alla base che in famiglia, dalle 7 del mattino alle 9 di sera, un break veloce per il pranzo, questa estate solo un weekend libero». I velisti sono 20, a bordo vanno in 11 e si allenano anche in palestra mattina e sera. «Sono barche che richiedono molta energia». Dieta? Ride di gusto il team director di Luna Rossa: «Hanno meno di trent'anni, consumano fino a tredicimila calorie al giorno, mangiano e basta».
La scelta
La prima volta a Cagliari è stato circa 25 anni fa o poco più: «Ho partecipato a una gara di windsurf a Chia». Gli è venuto il mal di Sardegna e quando si è trattato di scegliere per Luna Rossa non ha avuto dubbi: «Cercavamo un posto che permettesse il più alto numero di giorni di navigazione in un anno - qui sono almeno 200 - e una sede per 300 persone. Per la prima volta ci troviamo in una location che non è solo un centro turistico: Cagliari è ben connessa col resto d'Europa, la qualità della vita è elevatissima, il clima unico, il cielo perfetto, i tramonti da cartolina. La chiamiamo Cagliarifornia».
La tecnologia
Max Sirena vuole lasciare un segno («l'obbiettivo è creare un indotto sul territorio, solo di affitti paghiamo due milioni all'anno») e pure ringraziare: «Il centro ricerche Crs4 ci ha garantito una collaborazione importante». Altissima tecnologia e lavoro all'aperto: «Il nostro ufficio è il mare dove viviamo anche nove ore al giorno». Dopo il varo della nuova barca nella fase iniziale ci saranno molti periodi di stop and go. Esci e rientra. Meno male che il campo di navigazione è vicinissimo. «In altre realtà dobbiamo trainare la barca fuori anche per 45 minuti». Vuoi mettere la differenza. E poi: «Qui ci mostrano grande affetto. E rispetto: ci salutano a distanza e ci lasciano lavorare».
Lo stop
Amore sincero quello di Cagliari per Luna Rossa. Quattro anni fa, quando c'è stato l'improvviso abbandono, il capoluogo era quasi in lutto. «Anche noi». Ed è davvero strano per uno sport di nicchia. «La città è relativamente piccola e ci conosciamo un po' tutti. Nel nostro settore raggiungiamo il top ma non siamo rock star né calciatori, però facciamo parte della comunità locale». E se Max Sirena va al bar - a piedi, bermuda e sneakers, l'aria di chi non se la tira nemmeno un po' - non riesce neanche a pagare il suo caffè. «Vale per me e per molti del team».
Le Olimpiadi
Ha ricambiato, certo che lo ha fatto, e con convinzione: «Ho preparato la relazione per la candidatura di Cagliari sede della vela olimpica nel 2020». Mamma mia che sponsor. Ovviamente ha centrato il segno. Peccato che le Olimpiadi non si facciano in Italia, sarebbe stata l'occasione per un salto di qualità. «Il paesaggio urbano cambia attraverso lo sport. Penso a Valencia o Auckland dove nel 1997 non c'era neppure un ristorante e ora è la città dei grattacieli. Anche un solo team come Luna Rossa può fare da volano. Credo che i sardi sottovalutino la posizione strategica dell'Isola nel Mediterraneo. Nel settore nautico c'è un potenziale importante: l'85 per cento della flotta mondiale dei super yacht d'estate è in Sardegna ma poi va a fare il rimessaggio a Palma di Maiorca. Non servono strutture ciclopiche, solo spazi, e qui ce ne sono tanti».
Ma, dal 23 al 26 aprile 2020, durante la prima importantissima tappa cagliaritana di avvicinamento alla America's Cup contro New Zealand, Ineos, American Magic e Stars+Stripes, Max Sirena sarà su Luna Rossa? «Solo per la messa a punto, seguirò le regate in gommone». E tutta Cagliari sarà lì, quasi a spingere le vele per poi guardare verso l'alto e, se la telecamera ci sarà ancora, fare marameo agli spioni.