MARINA.
Dubbi sulla provenienza, i venditori assicurano che arriva dalle spiagge sarde
In vetrina c'è la sabbia del PoettoAlcuni negozi gestiti da bengalesi vendono bottiglie piene di granelli
Il bengalese più intraprendente sbaglia gli accenti ma resta sui suoi passi: «Certo che è sarda, arriva da Tortolì». Poi tira in ballo i Quattro Mori che d'un tratto, alla Marina, sembrano diventare garanzia di originalità. «Vede il marchio? Se non fosse di qua non ci sarebbe la bandiera». Ma dopo qualche insistenza arriva la confessione di alcuni colleghi: «È cinese, oppure africana». La provenienza è incerta, ma non cambia la sostanza, perché mentre politici, cittadini e associazioni ambientaliste dichiarano guerra ai predatori da spiaggia, ecco che tra le rivendite asiatiche del rione con vista sul porto compaiono insoliti souvenir: piccole boccette di sabbia in versione calamita da frigo o soprammobile, corredate da fenicotteri, immagini delle spiagge isolane e persino da delfini.
Vendesi sabbia
Pare sia l'ultimo articolo arrivato e spopoli nelle rivendite asiatiche. Dove con due euro puoi mettere in valigia nuraghi, pecore e pastori proposti in ogni declinazione possibile, e anche piccoli pezzetti di Sardegna che, veri o no, sembra vadano a ruba. È il nuovo business dei venditori del Bangladesh: «Ne vendo tantissimi», racconta l'uomo dietro il bancone del civico 45 di via Baylle. Lo stesso che - a domanda precisa - assicura si tratti di granelli prelevati da qualche arenile isolano. Davanti al presunto turista e alle sue perplessità insiste: «Sicurissimo, è del Poetto», dice mentre tira fuori le tre diverse versioni del gadget. Da due, tre o cinque euro: a seconda della grandezza. Così come dal vicino di negozio, che sul contenuto della boccetta dà una versione differente: «Sardissima, viene dal Porto». Ma «al Porto non c'è sabbia», replica il fantomatico turista che cerca di riportarlo sulla retta via. Niente da fare: «L'hanno prelevata dal fondale», dice con tono fermo. Ringraziamo e tentiamo con un altro emporio asiatico, dove un nuovo bengalese, insieme a pecore, nuraghi, pastori e fenicotteri, fornisce una nuova versione: «È sabbia di Tortolì». Il tono è convincente, ma non basta a scongiurare le preoccupazioni del potenziale acquirente: «Ma non è che all'aeroporto facciano storie»? A quel punto il venditore, probabilmente colto da un improvviso calo di memoria, dirà di non capire più una sola parola di italiano, lasciando l'interlocutore in preda ai suoi dubbi.
Made in China
In via Cavour le certezze iniziali vacillano in pochi secondi. La domanda è sempre la stessa: «Ma da dove arriva questa sabbia»? La risposta cambia: «Vuole la verità?», risponde il venditore che si fa spazio tra collane e oggetti etnici. Sorride, prima della confessione: «È cinese». Sorride anche quando gli si fa notare che la scritta Sardegna e le rocce rosse di Arbatax messe a fianco alla riproduzione di Castelsardo sono ingannevoli. E sorride quando dopo averlo salutato l'affare non va a buon fine. «Ho detto la verità e perso un cliente». All'angolo con via dei Mille ecco nuove boccette di sabbia che, manco a dirlo, «è assolutamente sarda, del Poetto», dice un uomo che si materializza davanti all'esposizione di gadget che dovrebbero promuovere l'Isola ma per chi è del posto probabilmente risultano una riproduzione (neanche ben riuscita) di una serie di fastidiosi luoghi comuni. Come il carabiniere, il medico, il cuoco e via dicendo con la faccia da pecora. A far loro compagnia un esercito di pastori. E ancora nuraghi, e delfini. Comunque, probabilmente il turista vero non starà lì a interrogarsi sulla provenienza della sabbia, ma magari si troverà un po' confuso. Perché dopo i più o meno noti divieti di prelevare sabbia e conchiglie, trovarsela in bottiglietta in pieno centro è quanto meno paradossale.
Sara Marci