Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Il caldo africano? Tra vent'anni rischiamo i 50 gradi»

Fonte: L'Unione Sarda
9 luglio 2019

Cambiamento ambientale anche in Sardegna «Il caldo africano?
Tra vent'anni
rischiamo i 50 gradi» La previsione del climatologo Luca Mercalli:
pesanti danni dallo scioglimento dei ghiacciai

Il cielo lattiginoso e la calura opprimente faranno sempre più da sfondo al paesaggio estivo della Sardegna e, ovviamente, del resto del pianeta. «I fenomeni estremi ci sono sempre stati, il punto è che oggi è aumentata la frequenza e l'intensità: vuol dire che se prima un'ondata di caldo a 45 gradi capitava una volta ogni trent'anni, ora capita un anno su due».
Il grande fuoco
Luca Mercalli è il climatologo che da più di due decenni è impegnato a spiegare le conseguenze del cambiamento climatico. Torinese, 53 anni, presidente della Società meteorologica italiana, si occupa di divulgazione scientifica scrivendo libri, tenendo conferenze, partecipando a programmi televisivi. Spiega che il surriscaldamento globale, ovvero la febbre che sta sconvolgendo il pianeta, deriva principalmente da un sistema economico fondato sul consumismo e lo spreco, e se è vero che il grosso dei possibili rimedi o rattoppi è in mano alla politica, ciascuno di noi - come si dice, nel proprio piccolo - può fare qualcosa. Sensibilità di cittadini responsabili a parte, in questo luglio torrido che ci sta facendo assaggiare atmosfere da deserto del Sahara magari occorre anche capire che cosa, esattamente, sta succedendo. Insomma - al di là dei bollettini quotidiani sulle temperature massime e la familiarità oramai acquisita coi concetti di anticiclone africano e anticiclone delle Azzorre - cosa dobbiamo davvero aspettarci in futuro? «In futuro dobbiamo aspettarci sempre più frequentemente temperature di 47, 48 gradi - avverte -. Fra 10, 20 anni sfioreremo i 50. È il riscaldamento globale: l'estate del 2003, caldissima, è stato l'esordio di questo processo. Gli scienziati hanno detto “Guardate che è solo l'antipasto, attenti che capiterà sempre di più”».
Scommessa sull'ambiente
Dopo una primavera piovosa, l'estate è arrivata con l'afa: temperature regolarmente sopra i 35 gradi con picchi di 41,5 domenica scorsa a Decimomannu e Jerzu. In diverse località ieri si sono registrati 40 gradi. È l'effetto dell'anticiclone africano, spiegano gli esperti, l'alta pressione delle regioni subtropicali che porta con sè il calore del deserto. Non sta succedendo solo in Sardegna, ricorda Luca Mercalli. «Basti pensare che una settimana fa si sono registrati 46 gradi in Provenza. Tutto il Mediterraneo - sottolinea - è particolarmente esposto alle ondate del caldo africano perché siamo vicini all'Africa. Bisogna che ce lo ricordiamo: se aumenta la temperatura mondiale, da noi lo fa subito, l'aria calda arriva immediatamente e ci tocca con un effetto costante. Ripeto, sono fenomeni che, se continuiamo a far finta di niente, aumenteranno di frequenza e intensità».
Le buone pratiche
Si può ancora intervenire per scongiurare il collasso del pianeta. Da un lato tanto dipende dai buoni gesti dei cittadini. «Non sprecare, è la prima regola. Possiamo fare molto abbattendo i nostri consumi di energia solo con un po' di attenzione e senza sacrifici: se a casa mettiamo i pannelli solari, facciamo l'isolamento termico, cambiamo la caldaia e gli elettrodomestici vecchi, riduciamo il dispendio del 60, 70%. Vuol dire minore inquinamento e bolletta più leggera».
Le responsabilità
Lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia, spiega il climatologo, sta provocando l'aumento costante del livello dei mari di tutto il mondo. «Tre millimetri all'anno, è un fenomeno in atto. Significa che, se non facciamo niente, alla fine del secolo i nostri figli e nipoti si ritroveranno con un metro di mare in più. Sarà un danno pure per la Sardegna anche se ha una grande porzione di coste rocciose: non è come il delta del Po, a Cesenatico tra cento anni vanno sotto. Voi però avete zone sensibili: Cagliari lo è». È la politica che può scongiurare il peggio. «Ma dipende dalle scelte dell'intera popolazione mondiale».
Piera Serusi