VENERDÌ, 21 AGOSTO 2009
Pagina 1 - Cagliari
Rimedi per salvare le case pericolanti di via Castelfidardo? Sì, costosi
PERICOLO CROLLI Due studi commissionati dal Comune svelano la storia geologica di una zona nota per le cavità
di Alessandra Sallemi
CAGLIARI. Bisogna rifare la rete idrica sotto via Peschiera e bisogna consolidare gli edifici scaricando il loro peso sullo strato di roccia che si trova sotto il terreno dilavato dall’acqua. Questo il suggerimento del geologo Mauro Pompei nello studio commissionato dal Comune.
Nello studio, il tecnico ha preso in considerazione anche altre soluzioni, meno costose, meno invasive, ma non altrettanto sicure nel risultato. Lo studio di Pompei è stato condotto con i carotaggi ed è la prosecuzione di un precedente lavoro, fatto nel dicembre 2008, dal docente universitario Gaetano Ranieri, che individuava i vuoti sotto via Peschiera, via Marengo, via Castelfidardo, la strada dove ci sono le due palazzine fessurate che ieri gli abitanti avrebbero dovuto lasciare secondo l’ordinanza del Comune. Il pericolo di vivere in case con lesioni profonde è stato documentato in primavera anche dal perito nominato dal tribunale su richiesta di un gruppo di residenti della zona che volevano capire cosa stesse succedendo davvero alle loro abitazioni. L’allarme è suonato l’8 agosto 2008 quando in via Peschiera si aprì una voragine profonda più di tre metri dove finì una macchina. Secondo la letteratura quello era il fenomeno del sinkhole, «buco sprofondato»: causa incerta, ma segnale preciso che il terreno è una trappola. Ranieri aveva chiarito che tutt’attorno alla facoltà di Ingegneria c’era una miniera in uso fino al secolo scorso: i vari vuoti nel tempo furono risanati, ma certo non con la finalità di farci poggiare sopra palazzi (Pompei nello studio dice che su quella zona ci sarebbe voluto un vincolo di inedificabilità). Nel 1987 davanti a via Marengo era crollato uno stabile e Pompei richiama un passo della relazione di Ranieri dove si sottolineava che episodi del genere non sono stati frequenti perché le palazzine erano basse e le strade poco trafficate. L’acqua uscita dalle rete idropotabile, sotto, però, ha dilavato il terreno e infatti, quando lo staff di Pompei ha eseguito i carotaggi in profondità, vicino alla voragine il terreno aveva una umidità «elevatissima». Il 22 ottobre scorso l’alluvione ha peggiorato tutto: le filature sottili dei due palazzi di via Castelfidardo, oggi sotto ordine di sgombero, sono diventate crepe. Che fare: se lo chiedono i residenti delle due palazzine che domandano al Comune di poter restare lì ancora una settimana per trovare alloggio. «Dove la trovo un’altra casa in un giorno? - dice l’insegnante Francesca Dore - siamo riusciti a rintracciare operai che ci sistemano la facciata, perché il Comune dice che se succede qualcosa è imputabile a noi. Avevamo aggiustato la fogna, di nostra competenza. Ma avevamo anche chiesto aiuto, per capire. Ebbene: ho saputo dell’ordine di sgombero dal giornale».