Senza stipendio e con un orizzonte incerto, i lavoratori del Porto canale decidono di passare alle maniere forti. Ieri mattina hanno bloccato l'ingresso dei camion al porto di via Roma. Gli effetti per il traffico, soprattutto in entrata nel capoluogo, sono stati nefasti: il serpentone di lamiere si è esteso sino a Giorgino. I disagi sono durati sino alle 11,30, quando il prefetto ha ricevuto i sindacati e la protesta è stata sospesa.
Il sit in
I lavoratori della Cict e della Irtec (ancora formalmente occupati) e della Cts e Mts (licenziati) si sono ritrovati alle 6 al Varco dogana per uno sciopero di 24 ore. Sotto gli occhi attenti di Polizia e Carabinieri, i manifestanti hanno consentito l'ingresso dei camion a singhiozzo, senza però creare disagi alle auto in uscita dal porto e ai passeggeri delle navi da crociera. In poco tempo i mezzi pesanti hanno occupato incolonnati una delle tre corsie di via Riva di Ponente, costringendo gli agenti della Polizia municipale a convogliare le auto nella zona libera della carreggiata. Un imbuto che ha causato rallentamenti e disagi. Durante l'ora di punta (dalle 7,30 alle 9) la fila, dal semaforo di via Riva di Ponente si è estesa sino al ponte della Scafa. «Chiediamo un segnale di vita», afferma Massimiliana Tocco della Cgil. «In base alle scelte della Cict c'è la prospettiva che i lavoratori non possano godere degli ammortizzatori sociali. Sarebbe un disastro». Corrado Pani della Cisl: «In campagna elettorale tutti i politici si sono riempiti la bocca parlando del Porto canale: ora tornino tra la gente». Per William Zonca della Uil «i lavoratori sono stanchi delle incertezze e del silenzio della politica. I tavoli istituzionali, per il momento, sono stati improduttivi». Il presidente dell'Autorità portuale Massimo Deiana: «Stiamo cercando di rendere più possibili e immediate le condizioni per restituire a Cagliari la maggiore competitività: Zona franca e Zes». Però lo stipendio non arriva. «Ci sono molte criticità con il terminalista, se non dovesse rispettare gli impegni saremo costretti a prendere provvedimenti». Anche se, per il momento, non esiste un piano B, non si intravedono all'orizzonte altri soggetti interessati al porto.
La svolta
Alle 11 una funzionaria di Polizia si trasforma in ambasciatrice. «Tramite il questore, il prefetto è disposto a incontrare i sindacati, a patto che il sit in venga sospeso». Non è facile per i rappresentanti sindacali convincere i circa 100 lavoratori a interrompere la protesta.
Al tavolo, con i sindacalisti, il prefetto Bruno Corda, l'assessora regionale al Lavoro Alessandra Zedda e il presidente dell'Authority Deiana. «Gli stipendi devono essere pagati, ci siamo impegnati ad avere un contatto diretto con la proprietà», dice il prefetto Corda. La vertenza si sposta a Roma, dove il 13 giugno è in programma un incontro al tavolo del ministero delle Infrastrutture. Il giorno successivo la discussione si sposterà in città e coinvolgerà anche i sindacati.
Le reazioni
«Il fatto che non siano stati pagati gli stipendi sembrerebbe dar credito alle voci circolate nei mesi scorsi di un imminente disimpegno dalle banchine dello scalo sardo», dice il deputato Pd Andrea Frailis.
Il deputato di FdI Salvatore Deidda ha presentato un'interrogazione «che attende risposta da settimane», ai Ministri dei Trasporti, dell'Economia e dello Sviluppo economico. «È inspiegabile che ancora, nonostante ci fossero gli stanziamenti, non sia partita la zona franca».
Per la candidata a sindaca Francesca Ghirra «nessun lavoratore deve rimanere senza il proprio reddito nel corso della vertenza. Sul Porto canale ci sono decenni di investimenti miliardari che non possiamo sprecare».
Andrea Artizzu