Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Sant’Elia, stop a tutti gli interventi

Fonte: La Nuova Sardegna
14 agosto 2009

VENERDÌ, 14 AGOSTO 2009

Pagina 1 - Cagliari


Dal porticciolo alla riqualificazione abitativa sino al lungomare
Marisa Depau: «Era previsto un piano del verde ma da otto anni vi sono quattrocentomila euro che nessuno spende»


di Roberto Paracchini
CAGLIARI. Il rione di Sant’Elia a singhiozzo, per non dire al rallentatore, anzi: quasi bloccato. Grandi parole e ampi progetti di recupero. Infine, tutto fermo.
In questi giorni d’agosto resta soprattutto l’emergenza abitativa che, da sempre, interessa il quartiere di Sant’Elia, come ha dimostrato per l’ennesima volta lo sgombero eseguito il 4 di questo mese in via Uzzeri (nella parte nuova). Nello stesso tempo il borgo da circa quindici anni, dalla prima consiliatura guidata da Mariano Delogu, è diventato oggetto di attenzione da parte dell’amministrazione comunale. Quasi fosse diventata la cattiva coscienza della città a cui bisognava rimediare. Ed alcune cose, va detto, sono state fatte. Tra queste, ad esempio, il recupero e l’apertura dell’ex Lazzaretto, diventato un centro culturale, e alcune opere di manutenzione, per lo più per la parte vecchia. Più alcuni interventi (regionali) per l’abbattimento del piano piastra dei palazzoni (diventato, per l’abbandono, un luogo degradato e spesso usato per spacciare droga).
«Ultimamente c’erano tutta un’altra serie di progetti, anche per il lungomare. Ora però sembra che i rione sia stato di nuovo dimenticato - lamanta Marisa Depau, consigliera comunale del Pd, che dei problemi degli emarginati ha fatto una sua bandiera - e questo non va bene visti i problemi del quartiere: dalla mancanza di servizi al malessere sociale presente soprattutto nella parte nuova (quella realizzata negli anni Settanta - ndr)».
La nascita del borgo risale alla fine degli anni Cinquanta-primi primi anni Sessanta del secolo scorso. Fu un modo (oggi considerato sbagliato) di dare una risposta abitativa nell’ottica del «mettiamo tutti lì coloro che non hanno abitazione». Dimenticandosi, però, dei servizi, della comunicazione e dell’integrazione col resto della città, e di fatto realizzando un ghetto. Un esempio al negativo di quello che non bisognerebbe fare.
Ora, poi, «abbiamo scoperto - continua Depau - che il piano del verde previsto nel contratto di quartiere Uno (intervento di recupero realizzato con la concertazione degli abitanti del rione, da realizzare in collaborazione tra Comune e Istituto case popolari, oggi Area - ndr) dopo otto anni non è stato ancora fatto. Eppure c’erano quattrocentomila euro disponibili ed erano previsti piccoli orti urbani e persino murales. Insomma c’era l’intenzione di contribuire al recupero sociale della parte nuova, quella del Favero». Non solo: Depau punta il dito anche verso altri lavori, quelli che «avrebbero dovuto recuperare il piano piastra. Un intervento mirato alla realizzazione delle premesse di possibili attività commerciali da inserire in quell’area». E quelli legati alla sistemazione dei garage, da accorpare e chiudere per ogni singola palazzina». Secondo la consigliera comunale, infatti, «sono stati fatti, e male, solo le opere per i garage. Sul piano piasta è intervenuta invece la Regione, solo di recente». E ancora: «Adesso sono iniziati i lavori per il contratto di quartiere due, «chiamati “la città ambientale”, ma questi stanno andando veramente a rilento. Hanno sistemato alcuni ponteggi, poi tutto si è pressochè fermato. Oltre al fatto che gli interventi ambientali riguadano solo la coibentazione e l’inserimento di stufe particolari».
Inoltre, oltre al recupero dei palazzoni (vedasi riquadro), «è fermo anche il progetto del porticciolo per i pescatori. Prima c’è stato un lunghissimo braccio di fermo tra l’amministrazione comuanale e la Regione. Poi quei problemi sembravano superati. Infine, di recente, c’è stato un altro stop, arrivato dalla soprintendenza: per verificare che non vi siano reperti archeologici. Intanto tutto si è fermato».