Certificati di malattia, è rischio caos
«Diagnosi generiche» e l’Inps, per ora solo a Cagliari, richiede integrazioni anche per fatti del 2015
di Antonello Palmas
CAGLIARI. Il sindacato dei medici definisce la situazione “un delirio”, dato che sta mettendo in serie difficoltà ignari dipendenti e i chi li ha avuti in cura. Sta accadendo che l’Inps di Cagliari sta richiedendo inattese integrazioni a certificati di malattia presentati per assenze dal lavoro risalenti persino al 2015. Basta essersi assentati anche per un solo giorno e, se l’istituto di previdenza ritiene che la patologia indicata nel documento del medico è troppo generica, richiede spiegazioni. «Sono già centinaia le lettere dell'Inps di Cagliari arrivate ai cittadini, riferite a un periodo che risale anche a 4-5 anni fa» spiega Edoardo De Pau, medico e presidente provinciale del Sindacato nazionale autonomo dei medici italiani (Snami). Un problema che per ora riguarda solo il capoluogo sardo e che potrebbe presto estendersi al resto dell’isola e d’Italia, visto che non si vede perché la questione debba riguardare solo Cagliari. Potrebbe accadere che il malcapitato dipendente, nel caso non riesca a fornire le spiegazioni richieste, debba restituire quanto incassato per la giornata lavorativa in cui era assente.
Da una delle lettere spedite per raccomandata si apprende che l’Inps ritiene il certificato medico «anomalo sotto il profilo medico legale, poiché la diagnosi non comprova l'incapacità temporanea al lavoro». «È un delirio perché l'ufficio amministrativo e legale dell'Istituto sollecita, entro sette giorni, una dichiarazione del medico che ha rilasciato il certificato» dice De Pau, che è anche vicepresidente regionale dello Snami e afferma che non gli risulta, per ora, che le richieste siano proposte anche in altre aree. «Nelle risposta sollecitata il collega deve indicare se all'epoca del periodo di malattia sussisteva o meno una situazione morbosa acuta in atto. Altrimenti il lavoratore rischia di non vedersi pagata l'assenza per quella indisposizione. Il problema – osserva De Pau – riguarda anche i certificati per un solo giorno di malattia, nonostante sino a tre giorni a pagare non sia l'Inps ma il datore di lavoro».
De Pau fa un esempio: «Se il medico ha diagnosticato un'ipertensione arteriosa, avrebbe dovuto indicare, invece, la dicitura “crisi ipertensiva in iperteso”». Strano che il problema emerga solo oggi, addirittura per casi risalenti a quattro anni fa: «Il medico di famiglia potrebbe essere andato anche in pensione, potrebbe essere morto, oppure aver cambiato zona. In questo caso a chi si deve rivolgere il lavoratore? E comunque non sempre è possibile ritrovare la documentazione di quanto richiesto. Nei nostri gestionali teniamo generalmente una traccia, ma chi usa la piattaforma tessera sanitaria può risalire al massimo a 6 mesi fa».
E poi un altro problema: «Se i certificati sono stati rilasciati in un ospedale, come si rintraccia un medico ospedaliero?» si chiede De Pau. Le lettere arrivano da qualche settimana, i cittadini – rileva il sindacalista – dovrebbero perdere un bel po’ di tempo per rivolgersi al medico che rilasciò il certificato, quindi per presentarsi all’Inps (e sono spesso costretti a chiedere un permesso dal lavoro) oppure spedirlo per raccomandata con ricevuta di ritorno, soluzione più gettonata. «Stiamo pensando di chiedere,
come sindacato, un incontro con l'Inps per sollecitare chiarimenti su questa vicenda che, a quanto mi risulta, è unica in Italia. E anche l’Ordine dei medici di Cagliari, con lettera del presidente Raimondo Ibba, ha preso posizione sulla questione».