Il segretario Dem dopo il botta e risposta Comandini-Agus Cani richiama all'ordine il centrosinistra:
«Basta liti, Zedda e il Pd lavorino insieme» Emanuele Cani è un signore educato e tiene a freno le emozioni, ma fa fatica a negare il fastidio con cui ha letto le frecciate reciproche tra Pd e alleati. Comandini contro Zedda, Agus contro Comandini: «Ora basta con le contrapposizioni tra noi», avverte il segretario regionale Dem, «l'avversario è la destra. Vorrei richiamare tutti al senso di responsabilità: un minimo di dialettica ci può stare, ma per andare avanti insieme confido che prevalga la coesione».
Nel Pd c'è un sentimento di rivalsa verso Zedda?
«Più che altro direi che una campagna elettorale lascia sempre qualche scoria. È normale. L'importante è superare subito le criticità».
Il nodo è stata la scelta di tenere il Pd defilato rispetto al candidato presidente?
«Ma non abbiamo nascosto il Pd. La linea è stata collocarci alla pari degli alleati. Il voto comunque ha confermato la grande centralità del Pd nel centrosinistra sardo».
Quella scelta fu concordata, o del solo Zedda?
«Ricordiamoci che dopo la batosta alle Politiche 2018 era in dubbio l'esistenza stessa del Pd. Sia a livello nazionale che locale si è capita la necessità di ricostruire una coalizione. Massimo Zedda lo ha reso possibile in Sardegna».
Ma non ha vinto.
«No, però gli va riconosciuto che, senza di lui, difficilmente avremmo ricomposto un quadro di centrosinistra. E allora chissà che fine avrebbe fatto il Pd: c'era chi pronosticava il 7-8 per cento».
Cioè temevate di finire terzi.
«Beh, ai nastri di partenza c'erano tre poli, col centrosinistra ultimo e anche molto staccato. Il voto ha ricreato una sorta di bipolarismo in cui la coalizione resiste».
Quindi c'è da gioire per la sconfitta più ampia nell'era dell'elezione diretta del presidente?
«Gioire no. Agli avversari va riconosciuto di aver vinto nettamente. Ma le Regionali, insieme alle suppletive vinte da Andrea Frailis, hanno dimostrato che il centrosinistra ha un suo spazio politico da cui ripartire».
Ripartire come?
«In due modi: facendo un'attenta opposizione in Regione a una maggioranza molto connotata dalla Lega, su temi come il federalismo differenziato e l'autonomia. E poi cercando di allargare il nostro campo politico».
Ritiene possibile collaborare con la nuova maggioranza su temi come insularità o entrate?
«Oggi è difficile dirlo perché non conosciamo il vero programma del centrodestra: la campagna elettorale l'ha fatta soprattutto Salvini. Però se servirà il nostro apporto su temi importanti per i sardi, noi ci saremo».
Sarà davvero Zedda il leader dell'opposizione consiliare?
«La leadership si conquista sul campo, non per procura. Massimo dovrà guadagnarsela, ma ha le qualità per farlo».
È vero che il Pd avrebbe preferito che lui restasse sindaco?
«Non c'era una posizione del partito su questo. Tra di noi c'erano opinioni diverse. È stata una decisione sua».
Il Pd ha eletto pochi volti nuovi e nessuna donna. Non crede che per il rinnovamento si potesse fare di più?
«Sì. Serve un investimento strutturale sulle nuove generazioni: il Pd deve farlo e subito, perché se aspetti le elezioni vinceranno sempre quelli che sono già più forti».
Sabato all'assemblea Pd lei rimetterà il mandato?
«Vorrei che l'assemblea sviluppasse una proficua discussione su questa fase politica. Poi mi rimetterò alle sue decisioni».
Se le chiedessero di restare alla segreteria, quindi, non si tirerebbe indietro.
«Valuterei la richiesta, come ho fatto l'estate scorsa. Credo che ognuno debba mostrare responsabilità, anche in vista delle elezioni europee e amministrative».
A proposito: i candidati nei Comuni li sceglierete con le primarie?
«È il nostro metodo naturale di selezione, laddove non vi siano candidature unitarie».
Ma il Pd ritiene di dover esprimere i candidati nelle città principali? O pensa a primarie di coalizione?
«Quando parlo di primarie, intendo solo primarie di coalizione».
Le è piaciuto il primo discorso di Zingaretti da segretario all'assemblea nazionale?
«Sì, vedo un entusiasmo che mancava da tempo. Mi piace soprattutto la visione del Pd al centro di un progetto più ampio, di coalizione. E anche la ritrovata umiltà nelle relazioni con gli altri partiti».
Se resterà segretario, lei farà la stessa cosa in Sardegna?
«È doveroso. Lavorando per le suppletive ho scoperto che il tavolo del centrosinistra non si riuniva più dal 2014. Questo non può più accadere. Dobbiamo creare occasioni periodiche di confronto. Non possiamo certo pensare di rivederci tra cinque anni».
Giuseppe Meloni