L'INCHIESTA.
Carenza di agenti di commercio, introvabili gli esperti digitali I posti di lavoro che nessuno vuole Ci sono 7.600 disoccupati ma nei ristoranti manca il personale
O Nell'ultimo “Job Day” organizzato dall'Aspal a Cagliari ben 211 offerte di lavoro non hanno trovato risposta e oltre 20mila candidature sono state cestinate perché non soddisfavano i requisiti minimi. Intanto nei ristoranti della Marina o di Stampace già da aprile è quasi impossibile trovare pizzaioli, lavapiatti o camerieri. Tanto che molti operatori si rivolgono agli stranieri, generalmente più affidabili e volenterosi.
La ristorazione
L'inchiesta di Unioncamere sul lavoro che c'è ma non interessa, trova riscontro anche in città, dove secondo i dati del Centro per l'impiego ci sono 7600 persone in cerca di un'occupazione. Efisio Mameli, titolare del ristorante “Pani e casu” di Castello, non usa giri di parole. «Facciamo sempre più fatica a trovare personale sardo motivato. Le difficoltà riguardano varie figure, dal lavapiatti, all'aiuto cuoco, al cameriere di sala. A volte ti lasciano dopo poco per via degli orari, alcuni pensano invece di essere sotto utilizzati, come quella volta che un aiuto cuoco se ne andò perché lo chef l'aveva messo a tagliare le cipolle. Così a coprire questi posti sono soprattutto i lavoratori stranieri, ad esempio uno dei miei cuochi è sbarcato dall'Albania nel 2000 ed è cresciuto con noi iniziando come giardiniere. Non so se sia per pigrizia ma da parte dei nostri ragazzi troppo spesso non c'è la giusta passione e motivazione. E tanti preferiscono andare a Londra non si sa bene a fare cosa». Giuseppe Scura, direttore di Confcommercio a cui sono affiliati 450 ristoratori, rincara la dose: «I nostri associati richiedono sempre maggiori professionalità che spesso scarseggiano sul mercato sardo. Spesso faticano a trovare ad esempio una figura come il cameriere di sala, molto importante e troppo spesso sottovalutata. Alcuni non hanno le competenze, altri non sono disposti ad affrontare le difficoltà lavorative. Troppo spesso le persone si lamentano a causa del lavoro che scarseggia, ma tanti non fanno investimenti professionali».
Il grande paradosso
Insomma, le opportunità ci sono ma non vengono sfruttate. Un vero paradosso nella terra dove la fame di lavoro è da sempre oltre il livello di guardia e i tassi di disoccupazione restano spaventosi. E il tema - delicatissimo nell'era del reddito di cittadinanza - non è certo limitato al solo settore della ristorazione. Dall'agricoltura, agli addetti alle pulizie, dalle badanti ai collaboratori domestici sino ai manovali: gli impieghi che non piacciono agli italiani e dove la percentuale di stranieri è sempre più consistente sono ormai tantissimi.
Gli agenti di commercio
E il fenomeno non è limitato, come si potrebbe credere, a quei posti considerati più umili o disagevoli. Francesco Pittui, responsabile regionale della Federazione agenti e rappresentanti di commercio (Fnarcc), ne è testimone diretto: «Oggi in Sardegna mancano circa 1000 agenti di commercio - dice - perché, nonostante il nostro settore abbia risentito della concorrenza spietata dell'ecommerce, nel frattempo c'è stata anche la crescita di tante aziende sarde e una maggior presenza di quelle straniere. A Cagliari, cuore economico dell'Isola, facciamo fatica a trovare giovani interessati a fare una professione che ha potenzialità e prospettive».
Le nuove professioni
L'altra faccia della stessa medaglia è invece la mancanza di figure specializzate nei nuovi settori dell'economia digitale. «Ma in questo caso il mismatch , cioè la discrepanza tra domanda e offerta di lavoro, è un enorme problema europeo - spiega Massimo Temussi, direttore generale dell'Aspal che su questo tema ha progetti di collaborazione con la Silicon Valley e Singapore -. Soltanto nell'ultimo anno sono stati 750mila nella Ue i posti legati al settore digitale che non hanno trovato una risposta. Ciò è dovuto in parte al fatto che scuola e università non stanno al passo con le novità e in un mondo che brucia delle professioni creandone di nuove il mercato del lavoro non riesce a trovare risposte adeguate. Un esempio? Le imprese sarde che vendono sul web oggi sono il 73%, mentre nel 2010 erano il 20%. Tutti, anche il piccolo caseificio di paese, oggi hanno bisogno di figure di cyber security che però in Sardegna praticamente non esistono».
Massimo Ledda