Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Uno scrigno d'arte specchio dell'amore per una terra magica

Fonte: L'Unione Sarda
10 dicembre 2018

Un viaggio speciale all'interno della Cittadella dei Musei

 

 

Il visitatore viene come rapito dal passaggio
dal mondo dei vivi a quello degli spiriti Immerso nel cuore del quartiere di Castello, all'interno della Cittadella dei Musei, il Museo Stefano Cardu accoglie il visitatore con un grande tamburo di bronzo del XIX secolo, un simbolo del passaggio tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti evocati dagli sciamani, simbolo metaforico per indicare il trait d'union tra la cultura occidentale e l'Oriente. Da qui inizia un viaggio ideale tra sculture buddhiste e brahmaniche, oggetti in avorio, argenti, coltelli, lance, pugnali e armi per la difesa personale, tutti databili tra il XIV e il XIX secolo. Questo scrigno d'arte racconta l'estro, la cultura e l'amore del cagliaritano Stefano Cardu per il Sud Est Asiatico.
Un tesoro d'Oriente
Il collezionista scelse con cura per la sua raccolta le porcellane cinesi del periodo Ming e dei primi imperatori Qing, oggetti di una bellezza straordinaria per la brillantezza dei colori e le tecniche finissime di lavorazione. Non sono da meno i colorati vasi e le coppe in porcellana siamese bencharong (cinque colori), oggi introvabili a causa della occidentalizzazione del Siam alla fine del XIX secolo. Dello stesso periodo catturano l'attenzione i servizi da tè cesellati secondo la moda europea del tempo e gli utensili tipici dell'aristocrazia siamese tra cui i pestelli e i contenitori da betel (pianta dagli effetti allucinogeni masticata come il tabacco).
Un uomo di cultura
Stefano Cardu non amava soltanto gli oggetti della quotidianità, era anche un grande cultore della lingua siamese che padroneggiava durante le sue amabili conversazioni con i membri della Corte Imperiale siamese di cui era un assiduo frequentatore. E forse fu questo il motivo che lo spinse a collezionare i manoscritti, oggi così rari da essere studiati da ricercatori di fama internazionale. Come non guardare con stupore e ammirazione le splendide immagini miniate del manoscritto sulla vita di Phra Malai? Racconta del Monaco buddista venerato nel Siam dell'Ottocento e del viaggio che compì nel cielo dei trentatré dei e all'inferno, una sorta di Divina Commedia di dantesca memoria. Parlano di Buddha le statuette d'avorio e bronzo con la classica posa delle gambe incrociate, detta anche del “fiore di loto”, o in piedi.
Le opere più apprezzate
Ma è il Beato adagiato sul fianco destro a rubare la scena alle altre opere raffigurando il momento del miracolo della morte, il cosiddetto Parinirvana. A fare da contraltare a tanta spiritualità, nella parete opposta campeggiano in primo piano la serie di lance da parata della guardia reale siamese e rare “lance di stato” di sultanati della Malacca. Restando in tema, sono esposte alcune sontuose spade cerimoniali e tsuba (else) giapponesi, come i più famosi katana. Esistono anche armi adatte alla difesa personale delle donne come Karambit. Fiore all'occhiello del Museo sono le tempere raffiguranti scene tratte dal poema epico Ramakien che racconta le vicende di Rama e sua moglie Sita, il più importante esempio di pittura mobile thai, come l'intero fondo: è unico in Italia. L'impianto compositivo delle tempere sorprende per l'estrema precisione delle figure in confronto alla realizzazione meno accurata dei paesaggi che fanno da sfondo alle azioni.
Una collezione unica
Questa raccolta è unica in Italia e tra le poche al mondo così ricca di opere provenienti dall'antica regione del Siam, oggi identificata con la Thailandia.
Tiziana Ciocca
Stefania Mele
Roberta Sonedda