Migranti in Sardegna: il problema è la percezione, non la realtà
Il tema dell’immigrazione ormai appartiene anche al dibattito regionale. È frequente leggere nei giornali o sul web frasi che imputano al crescente numero di migranti il peggioramento della qualità della vita nelle città sarde. Ma a parer mio c’è una differenza importante tra percezione e realtà, e i dati ci dicono due cose. Primo, in Sardegna non esiste attualmente alcuna emergenza migranti. Secondo, non esiste un’emergenza sicurezza associata agli sbarchi degli ultimi anni.
Il numero di sbarchi nel Porto di Cagliari (primo porto sardo per numero di sbarchi e unico porto della regione per cui vengono pubblica i dati dal Ministero dell’Interno) è in forte diminuzione. Dal primo gennaio 2018 a oggi i migranti sbarcati nel porto cittadino sono stati 150, a fronte di un numero di sbarchi totali sul territorio italiano di quasi 18mila persone. Il porto di Cagliari ha raccolto, quindi, meno dell’1 per cento del totale. Le proporzioni sono anche più piccole rispetto a quelle dell’anno precedente, quando il numero di migranti sbarcati a Cagliari nei 12 mesi era stato di meno di 4mila persone (contro un totale nazionale di quasi 120mila). A questo si aggiunga che secondo la rilevazione di fine giugno il numero di migranti in accoglienza nella regione è oggi di 3.818 persone, pari solamente al 2 per cento del totale nazionale. Anche questo numero è in diminuzione: nell’ottobre 2017 (primo mese per cui erano stati resi pubblici i dati sul sito del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione) il numero di migranti in accoglienza in Sardegna era pari a 5.435 persone, il 42 per cento in più rispetto a oggi.
Anche sul fronte della sicurezza la percezione sembra essere decisamente più ingombrante della realtà
I dati più recenti che abbiamo sono del 2016, anno in cui, nel mese di ottobre, l’emergenza migranti in Italia aveva toccato il suo picco più alto. Ci si potrebbe chiedere se in quell’anno sia stato registrato un aumento del numero di stranieri denunciati o arrestati dalle Forze di polizia in Sardegna. Sommando le voci che nell’immaginario comune sono associate all’immigrazione (violenze sessuali, furti, rapine, danneggiamenti e traffico di stupefacenti) non è stato registrato un aumento dei casi. Anzi, il numero di stranieri arrestati o denunciati è diminuito del 15 per cento tra 2015 e 2016. Una persona poco accorta potrebbe puntare il dito contro singole fattispecie che nel 2016 hanno registrato aumenti, come le violenze sessuali o il traffico di stupefacenti. Ma occorre prudenza: primo, le violenze sessuali imputate a stranieri erano più alte nel 2010 (quando non esisteva un’emergenza migranti). Secondo, le denunce relative agli stupefacenti avevano già registrato valori simili nel 2011 e ben più alti nel 2014. Queste riflessioni ci suggeriscono che, al netto di fisiologiche oscillazioni nei dati, in Sardegna non esiste attualmente alcun legame tra l’aumento del numero di sbarchi e il tasso di criminalità.
Fatte queste considerazioni, a mio avviso sembra quindi che la preoccupazione a livello regionale sia sostanzialmente determinata dai toni eccessivamente alti della politica nazionale. Continuando così, questa preoccupazione infondata potrebbe diventare un tema centrale nei futuri confronti elettorali regionali, capace di togliere attenzione ai veri temi su cui i cittadini sardi dovrebbero pretendere risposte. Primi tra tutti l’elevatissimo livello di disoccupazione giovanile, i flussi migratori in uscita e, più in generale, la necessità di un rilancio dell’economia. Sono queste le emergenze vere. E sono ancora irrisolte.
Carlo Valdes