Coniglio Bianco, Coniglio Rosso sabato al Civico
N on serve la memoria all'attore che porta in scena White Rabbit, Red Rabbit. Gli bastano leggerezza, intelligenza, ironia. E coraggio. Già, ci vuole coraggio a salire su un palcoscenico, trovarsi tra le mani una busta chiusa, aprirla, cominciare a leggere un testo assolutamente sconosciuto, e trasformare, qui e ora, quella lettura in teatro puro. Lo farà sabato (Teatro Civico ore 21.30) Tiziana Troja, lo faranno, nei tre venerdì successivi, Elio Turno Arthemalle, Michela Sale Musio e Gianni Dettori. Quattro temerari chiamati a mettere in scena questo esperimento sociale in forma di teatro, firmato da un autore iraniano, Nassim Soleimanpour, portato in scena per tremila repliche, e tradotto in ventotto lingue.
Un successo incredibile, del quale Nassim è venuto a conoscenza soltanto in tempi recenti: quando ha potuto riottenere dalle autorità il passaporto che gli era stato sequestrato per diserzione (si era rifiutato di adempiere al servizio militare) ed è potuto partire per Berlino, dove vive, e da lì per il mondo, ovunque lo porti la sua attività di drammaturgo. Soleimanpour aveva scritto il suo testo nel 2010, appena ventinovenne, e poi lo aveva spedito a vari festival europei, con lo spirito col quale si affida un messaggio a una bottiglia lanciata in mare. Non poteva immaginare che dai Festival di Dublino e di Edimburgo in poi sarebbe diventato così importante.
Di WWRR, di questa prova di condivisione totale tra autore, attore e pubblico, non si può parlare. Non possono dire niente gli attori che lo hanno portato finora in scena, i giornalisti, i critici, gli spettatori che lo hanno applaudito. Tutti legati a un patto d'onore. Per intenderci, se Tiziana Troja potrà godersi i tre spettacoli successivi («e mangiarmi le mani se loro saranno più bravi di me»), l'ultimo della lista, Gianni Dettori, non potrà assistere a nessuna delle rappresentazioni che precederanno la sua. Dura eh? Ma tant'è, lo hanno promesso e lo faranno. Come lo hanno fatto prima di loro Whoopy Goldberg e Ken Loach, e in Italia, tra i tanti, Lella Costa, e in tempi più recenti Fabrizio Gifuni, Emma Dante, Cristina Vanadio. Coinvolti, gli ultimi tre e altri dopo di loro, da una formidabile donna di teatro cagliaritana che risponde al nome di Valeria Orani e da due anni opera tra New York (dove vive) e Roma con le sue case di produzione: Umanism e 369 gradi. È lei, con quest'ultima, romana, ad aver acquistato due anni fa i diritti dello spettacolo. Ad averlo portato in giro per l'Italia, Napoli, Roma, Palermo, e ora a proporlo a Cagliari, con la complicità di Cedac e LucidoSottile.
Complicità è il termine più appropriato per questo esperimento giocato sulla fiducia. Finora, assicura Valeria Orani (l'unica a sapere tutto), nessuno ha tradito. Nessun attore è andato sotto mentite spoglie a curiosare tra il pubblico, e soprattutto (pare incredibile) nessun giornalista ha svelato la trama. Questione di rispetto, portato ai limiti dell'omertà.
E allora, che dire? Innanzitutto, ci informa la produttrice (l'altro ieri protagonista con i quattro attori di un incontro in diretta per Radio X, all'Exma), WWRR è un testo altamente politico che non tratta argomenti politici. «Un testo poetico, che si esprime per metafore (la vita è una metafora, no?) ed è talmente forte nella sua scrittura che di fatto ogni interprete trova almeno un punto, se non tutti, a cui riferirsi». Non ci resta che andare al Civico. Cercare di capire se è meglio essere un coniglio rosso o un coniglio bianco, e dopo averlo scoperto, tacere.
Maria Paola Masala