Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Persi 30mila posti di lavoro Ora la Regione dia una svolta»

Fonte: L'Unione Sarda
9 luglio 2018

Tilocca, presidente dell'Ance: servono linee guida per sapere come muoversi «Persi 30mila posti di lavoro
Ora la Regione dia una svolta» 

«Abbiamo fatto i conti: se tutti gli alberghi che insistono sulla fascia costiera della nostra Isola, sfruttassero quel 25 per cento in più previsto nella legge urbanistica, produrrebbero 250 mila metri cubi in totale. Praticamente, lo 0,000... di consumo del suolo. Cioè, il tanto di due centri commerciali, ne mettiamo uno a Sassari e uno a Cagliari e non se ne accorgerebbe nessuno». L'esempio pratico è di Pierpaolo Tilocca, sassarese, presidente dell'Associazione nazionale dei costruttori dili (Ance), che sta guardando con una certa apprensione all'evolversi del dibattito sul decreto della Giunta regionale.
E non potrebbe essere altrimenti. Dall'inizio della crisi a oggi, il comparto ha lasciato sul campo 30 mila posti di lavoro. «Molti erano 50enni e 60enni - sottolinea - che si sono ritrovati sulla strada da un giorno all'altro senza alcuna prospettiva. Anche l'età non ha giocato a loro favore, una tragedia di proporzioni spaventose. E non si può mica pensare di risolvere il loro problema con un sussidio o con i cantieri comunali».
Tilocca sa bene che il futuro delle imprese di costruzioni passa obbligatoriamente da una rivisitazione delle norme che apra nuovi scenari in cui si possa operare in maniera più serena. «Sappiamo tutti che la nostra regione è poco antropizzata, ma non per questo intendiamo seppellirla sotto il cemento. Sarebbe anacronistico e a noi non interessa. Piuttosto, a noi servono linee guida che ci dicano chiaramente cosa possiamo e dobbiamo fare, oggi non ci è consentito».
Come uscirne?
«Noi speriamo in un colpo di reni del consiglio regionale, che abbia il coraggio di approvare una legge contenente un certo senso di sviluppo. I criteri generali sono apprezzabili, così come l'approccio con le associazioni e con tutti i portatori di interesse. Auspichiamo che si evitino, è successo troppe volte in passato, i soliti compromessi politici. Perché credo sia arrivato il momento in cui dire basta a quei quattro dirigenti regionali che mettono becco sulle pratiche solo per dire no. Regole chiare e snelle, magari con una maggiore autonomia dei Comuni».
Non le pare eccessivo?
«Guardi, peggio di così non è immaginabile. Basterebbe pensare al “piano casa”: dal 2009 al 2014 ne hanno usufruito 46 mila sardi che hanno speso, quindi immesso sul mercato, qualcosa come 2 miliardi di euro. Bene, lo sa che dal 2015, ovvero da quando la norma è stata modificata dall'attuale esecutivo, è tutto fermo, non si muove nulla. Il “piano casa” ha consentito di mettere in moto un po' di economia e posso assicurarle che si è trattato di una boccata d'ossigeno importante».
Non vi pesa essere visti, da alcune parti, come i “nemici” del territorio?
«Occorre sfatare anche questa nomea. Non è così. Negli incontri con la commissione urbanistica e con l'assessore Erriu abbiamo sempre dato la nostra disponibilità e il nostro impegno a costruire bene. Cosa significa? Significa pensare a conservare la bellezza dei luoghi e dei monumenti, a ridurre l'inquinamento realizzando edifici che garantiscano il risparmio energetico. Sono i nostri princìpi ai quali ci atterremo, come abbiamo sempre fatto. Però...».
Però.
«Ripeto, noi siamo per la riqualificazione edilizia ma vorremmo che sia consentita anche la sostituzione urbanistica. Mi spiego: se un albergo sul mare è brutto, non integrato nel contesto perché realizzato mezzo secolo fa o giù di lì, deve essere concessa la possibilità di demolirlo e ricostruirlo. Non mi pare una richiesta assurda. Di sconci ce ne sono tanti, forse anche troppi, e ilproblema non può essere la sola distanza dal mare. Abbiamo proposto alla Regione di incentivare gli imprenditori con delle premialità nel caso modifichino l'aspetto del loro albergo, da costruire naturalmente secondo le regole».
Insomma, gli alberghi continuano a far discutere.
«Ragioniamo, il 25 per cento di volumi in più a un grande albergo è moltissimo, e difficilmente l'imprenditore lo utilizzerebbe. La stessa cubatura non inciderebbe sugli alberghi piccoli, che sono la gran parte e hanno difficoltà ad andare avanti. Lo sa che ci sono 80 piccoli alberghi all'asta? E in ogni caso, non è pensabile che nel nordest dell'Isola sia concentrato il 70 per cento dei posti letto. Dicono che si deve puntare sul turismo, e allora perché non consentire di costruire alberghi anche nel sud dove ce ne sono pochissimi?».
Quindi?
«Serve cambiare rotta, non possiamo metterci a piangere perché i nostri figli emigrano e poi non facciamo niente per impedire che questo accada. Basta col “non si può fare”, si cambi».
Vito Fiori