Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Dove c'è un computer c'è anche il mio ufficio

Fonte: L'Unione Sarda
25 giugno 2018

SMART WORKING.

I sindacati: un fenomeno ineludibile, ma da governare

Dove c'è un computer c'è anche il mio ufficio

Cresce l'impiego da casa, enti pubblici compresi

Un tempo c'erano solo gli uffici. Chi ci lavorava, fosse un ingegnere o un impiegato, entrava tra le 7 e le 10 del mattino e usciva tra le 17 e le 20. Ma ora tutto sta cambiando. Spinto dal processo di digitalizzazione, il mondo del lavoro vira verso il cosiddetto smart working , una modalità del rapporto di lavoro subordinato che non prevede vincoli di orario o di sede. La prestazione si può svolgere in parte in azienda e in parte all'esterno, in un luogo scelto dal dipendente (non necessariamente l'abitazione).
SETTORI COINVOLTI Riduttivo pensare che sia solo lavoro fatto “da casa”, sbagliato credere che riguardi una ristretta fascia di lavoratori. Aziende pubbliche e private hanno già cominciato la corsa allo smart working. Entro il 2020 sarà realtà per il 51% delle imprese italiane (fonte InfoJobs) e già oggi sono 350mila gli smart worker in tutto il Paese.
La Sardegna non sfugge alla rivoluzione: l'azienda ospedaliero-universitaria di Sassari e il Comune di Cagliari sono alcune delle realtà pubbliche che lo sperimentano. E ci sono aziende private, come Energit, in cui un terzo dei dipendenti usufruisce volontariamente di questa opportunità. «Siamo di fronte a un processo ineludibile che, come testimoniamo i numeri, crescerà sempre più», spiega Gavino Carta, segretario regionale della Cisl. «Il problema che ci poniamo, e per questo la Cisl ha attivato un Osservatorio per studiare meglio questo fenomeno, è riuscire a governarlo, stabilendo in modo chiaro ambiti, obiettivi e produttività».
Tutti i settori saranno coinvolti. «Lo smart working sta già crescendo e nei prossimi due anni crescerà ulteriormente, perché è una soluzione che presenta diversi vantaggi», sottolinea Massimo Temussi, direttore dell'Agenzia regionale per le politiche del lavoro. «Non solo si hanno costi minori per le imprese, ma anche maggiore produttività da parte del lavoratore», che a livello di sistema Paese si traducono in 13,7 miliardi di euro di benefici complessivi (secondo uno studio del Politecnico di Milano). E poi «più flessibilità, che consente di conciliare più facilmente i tempi della vita professionale con quelli della vita privata. In Aspal siamo quasi pronti e più avanti potremo cominciare a proporlo», aggiunge Temussi.
I DUBBI «Ma questa è solo una faccia del cambiamento del mondo del lavoro», premette Michele Carrus, segretario regionale della Cgil: «Nelle prime forme di sperimentazione, lo smart working trasforma su base volontaria e contrattualizzata i rapporti in essere, concedendo più spazi di autonomia al lavoratore nelle aziende già strutturate. Ma in quelle costituite ex novo rischia di entrare in un cono d'ombra di tutele, diritti e doveri. Per questa ragione», ragiona Carrus, «occorre una revisione complessiva della legislazione del lavoro, che rispetti il lavoro e i lavoratori, e sia in grado di governare il cambiamento che stiamo affrontando».
CHI LO APPLICA Il salto da fare è certamente culturale, oltre che tecnologico. Un salto che al Comune di Cagliari, per esempio, è già realtà: oggi sono 15 i dipendenti smart worker, dal prossimo anno l'obiettivo è coinvolgerne 130 (su 1.300 dipendenti complessivi). Energit ha fatto altrettanto. «Il rilancio dell'azienda passa anche attraverso lo smart working e i risultati economici che presenteremo il prossimo mese di luglio lo dimostreranno», spiega l'ad Luigi Martines. «Se altri seguissero il nostro esempio, si avrebbero benefici per tutta la città di Cagliari, perché ci sarebbero meno spostamenti per raggiungere gli uffici, dunque meno traffico, meno emissioni e inquinamento, mezzi pubblici più efficienti e comodi».
Mauro Madeddu