Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Jan Brokken: «Lo scrittore è libero quindi pericoloso»

Fonte: L'Unione Sarda
20 giugno 2018

Marina Cafè Noir L'autore di “Anime baltiche” oggi alle 19 in piazza San Domenico

 

 

C onosciuto soprattutto per il reportage narrativo “Anime baltiche”, edito in Italia da Iperborea, come tutti i suoi titoli, lo scrittore olandese Jan Brokken sarà stasera (ore 19, piazza San Domenico, presenta Francesca Fradelloni) al Marina Cafè Noir di Cagliari. Voce del coro di autori del nord Europa a cui il festival dedica le prime due giornate, sarà guida tra Paesi baltici e Russia, mondo che racconta in “Nella casa del pianista”, “Il giardino dei cosacchi” e nel più recente “Bagliori a San Pietroburgo”. Lo fa attraverso le vicende biografiche di artisti e intellettuali (tra i tanti Egorov, Dostoevskij, Gogol', Stravinskij, Ciajkovskij), ma anche di figure meno note.
Perché la biografia è strumento privilegiato delle sue narrazioni?
«Mi consente di dare volto e voce alle storie, oltreché di provare a capire le persone. Non narro, tuttavia, le vite in modo completo, mi concentro sui passaggi che, nelle singole esistenze, segnano un prima e un dopo. Uso poi le biografie come strumento per tentare di spiegare la grande storia. Non posso prescindere dunque dalla verità, ingrediente con cui si possono preparare piatti deliziosi, o immangiabili. Ma il segreto della buona scrittura è l'immaginazione, così come lo è della buona cucina».
Perché Russia e Paesi baltici sono principale teatro delle sue storie?
«Tra i 15 e i 17 anni ho sofferto di un'allergia. Avevo le palpebre così gonfie da poter distinguere solo luce e buio per un periodo di circa 10 giorni. Mia madre mi si sedeva accanto e leggeva per me la letteratura russa. La Russia e più in generale il nord Europa sono quindi la sua voce. Ma attenzione: a settembre uscirà in Italia “Jungle Rudy”, storia di un esploratore nella Gran Sabana (Venezuela). Ciò che mi guida è il desiderio di evadere dal piccolo Paese in cui sono nato e scoprire il mondo».
“Bagliori a San Pietroburgo” si apre con la figura di Anna Achmatova. Quale spazio riserva ai personaggi femminili?
«Le donne sono misteriose. In “Anime baltiche” ho raccontato la storia di Hannah Arendt. Ebrea, s'innamorò del suo insegnante Heidegger che, da subito simpatizzante del nazismo, vi aderì sino al 1945. Lei tornò in Europa dopo la guerra. Incontrò Heidegger e se ne rinnamorò. Dopo l'Olocausto, possibile? “Quando ho detto sì a qualcuno una volta, non posso più dire no”, sostenne. Principio bellissimo, ma molto rischioso. Racchiude il mistero di una donna in poche parole».
La letteratura indaga l'animo, il mondo e la storia. Eppure in “Anime baltiche” riferisce di un doganiere che indica lo scrittore (quindi lei) come un “pazzo, ma non pericoloso”.
«Chi prende sul serio uno scrittore? Lo fanno i lettori, non certo gli uomini di potere. I politici parlano in nome del partito, i preti dicono ciò che il Papa permette. Noi, scrittori, siamo liberi quindi pericolosi. I governanti lo capiscono, così ci chiamano sognatori o idioti. Ma è mille volte più interessante ascoltare uno scrittore che un politico».
Il Mediterraneo è crocevia di speranza e dolore. Cosa dice lo scrittore?
«Anche il Baltico è stato mare di speranza e dolore. Nel 1942 30mila estoni fuggirono dall'occupazione nazista. Con piccole barche raggiunsero la Svezia. Furono respinti e inviati nei campi di concentramento. Lo stesso accade nel '46 quando, dopo aver tentato di fuggire dal comunismo, furono deportati in Siberia. Quanto succede nel Mediterraneo, è già accaduto nel Baltico, ciò rende l'infamia maggiore. Vorrei però dire che l'Italia non può risolvere da sola il problema. La vergogna è per tutti noi europei».
Arriva in Sardegna, isola del Mediterraneo, per la prima volta?
«Sì. Anna, professionista di talento dell'editrice Iperborea, è sarda. Mi ha raccontato storie così belle della sua terra e della sua amata madre che ho sempre desiderato venire qui. Amo le isole. Ho vissuto per 10 anni a Curaçao (Caraibi)».
Alla lingua lei attribuisce un valore speciale. In Sardegna il sardo si parla sempre meno.
«La lingua è più di un modo di comunicare, riflette un'intera cultura e tradizione. Le Repubbliche baltiche sono sopravvissute perché sono riuscite a salvare la loro lingua nonostante cento anni di occupazione. Se si perde il sardo, si perderà la Sardegna. Si può essere orgogliosi della propria lingua ed essere internazionali, come me».
Manuela Arca