L'aeroporto si candida a diventare lo snodo tra la Cina e l'Europa
Il ruolo che i cinesi si sono ritagliati nel mercato locale piace al presidente di Confindustria, che per il futuro vede ottime opportunità di sviluppo grazie a questa collaborazione. Alberto Scanu ha incontrato i rappresentanti del fondo Fosun International per parlare di prospettive turistiche e commerciali.
I COLLEGAMENTI «Il loro vice presidente ha proposto l'istituzione di un collegamento diretto tra Shangai e Cagliari. Potrebbe sembrare un'idea bizzarra ma mi ha spiegato che quando arrivano a Roma e Milano dalla Cina ci sono file pazzesche mentre potrebbero usare quello di Cagliari come aeroporto di arrivo per poi spostarsi nell'Unione europea», spiega il leader di Confindustria. Lo stesso principio vale per le merci perché, nonostante la crisi del Porto canale e la scomparsa del collegamento navale diretto con Shangai, ci sono diversi progetti cinesi per Cagliari. «Le aziende potrebbero spedire qui i componenti dei loro prodotti e da noi si potrebbe pensare all'assemblaggio finale per il mercato europeo, ci sono centinaia di ettari liberi e la Zte, quinto produttore al mondo di telefonini, sta valutando questa opportunità». Per l'amministratore delegato della Sogaer vanno sfruttate le agevolazioni fiscali esistenti, creando l'habitat ideale per i grandi investimenti. «Il Porto canale fa parte di un sistema con zona franca doganale e zona economica speciale, il nostro è un caso unico che unisce queste agevolazioni per gli investimenti fino a 50 milioni di euro abbinate alla zona franca doganale».
L'INDUSTRIA DELLE VACANZE Il colosso Fosun opera in doversi ambiti, ma la visita in Sardegna dei big cinesi è stata incentrata principalmente sul turismo. «Imprenditori e amministratori locali non devono avere paura, su un miliardo e 400 milioni di cinesi viaggia solo il 5 per cento e questo dato è destinato a moltiplicarsi - spiega Alberto Scanu - se riusciamo a diventare chinese-friendly, anche con le scritte in aeroporto come si vedono a Roma, possiamo sfruttare quei flussi turistici. Ma siamo anche l'unica isola del Mediterraneo che si spopola e potremmo sfruttare la fiscalità di vantaggio per attrarre residenti come fanno in Portogallo, potremmo far arrivare qui persone che stanno bene e hanno risorse da spendere».
Il commercio è nel dna della popolazione cinese che ha raggiunto l'Europa, anche a Cagliari chi ha cominciato con una piccola attività ora gestisce grandi aziende. Una crescita che ha un grande impatto sull'economia cittadina, tradizionalmente legata al mondo dei commercianti.
LA SCOMMESSA «Anche io ero diffidente all'inizio - ammette il presidente di Confesercenti Roberto Bolognese - ma poi ho capito che è un mondo da conoscere: non va vista solo come concorrenza che ti può travolgere, ma come un'opportunità. Imparando a conoscere la comunità cinese si scoprono molti valori da apprezzare come il sacrificio e il lavoro, che noi sardi conosciamo bene».
Dopo la reciproca diffidenza iniziale cresce il numero di iscritti alla Confesercenti così come i rapporti tra le diverse realtà commerciali che si trovano con le serrande vicine. «Tutti devono rispettare le regole, ma i problemi di prezzi, concorrenza e sfruttamento dei lavoratori riguardano contesti e legislazione internazionali - spiega Bolognese - noi pensiamo solo alla realtà locale e vedo che si stanno adeguando a quella isolana, portando anche un valore aggiunto perché stanno assumendo tanto personale locale».
Dalla ristorazione all'ingrosso la fetta di mercato in mano agli imprenditori cinesi è sempre più grande, bilanciata dal numero di chiusure di imprese locali. «Dispiace che si sia creato un vuoto da parte dell'imprenditoria locale, a livello affettivo sono dispiaciuto nel vedere ingrossi tradizionali spariti e soppiantati dai cinesi - conclude il numero uno di Confesercenti - noi tifiamo sempre per i locali, ma una cosa è la simpatia e un'altra la capacità. Qualcuno dovrebbe dirmi come, a parità di regole nella competizione, si può limitare l'apertura di attività solo perché sono cittadini stranieri. Sono grandi lavoratori dai quali si può prendere spunto: sanno andare dove porta il vento, passando dal negozio di abbigliamento al food per poi occuparsi di turismo».
M. Z.