Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Michela Andreozzi: «Sono non madre e felice»

Fonte: L'Unione Sarda
8 giugno 2018

Leggendo Metropolitano La regista, attrice, scrittrice stasera alle 18 a Cagliari

 

 

 

« S ono non madre e felice». La sfida allo stereotipo che subordina la realizzazione delle donne all'aspettativa sociale della riproduzione ha il volto noto di Michela Andreozzi e la cifra umoristica della sua arte, strumento apparentemente lieve per indagare in profondità sulla vita e sul valore delle scelte. Regista, attrice, sceneggiatrice, conduttrice radiofonica, ha raccontato la sua storia nel libro “Non me lo chiedete più. #childfree. La libertà di non volere figli e non sentirsi in colpa”. Ha pure rappresentato la maternità surrogata in “Nove lune e mezza”, commedia con cui lo scorso anno ha esordito alla regia e che la vede in scena nei panni di una donna tanto desiderosa di avere un figlio da chiedere in prestito l'utero a sua sorella.
Del diritto alla felicità oltre le convenzioni Michela Andreozzi, che ha accompagnato il suo impegno artistico alla testimonianza (ha sposato Max Vado al Celebration Day di Roma, quando s'inaugurò il registro capitolino delle unioni civili), parlerà stasera (ore 18, Galleria Giardini pubblici) a Cagliari.
Sospendendo il lavoro come attrice sul set di “Romolo+Giuly. La Guerra mondiale italiana”, serie da settembre su Fox, è ospite di Leggendo Metropolitano che dedica al tema della famiglia la decima edizione. Con lei (conduce Vito Biolchini) la regista Marilisa Piga, autrice insieme a Nicoletta Nesler di Lunàdigas, docufilm sulle donne che hanno deciso di non procreare.
Non-madri per scelta. Michela, perché la condizione spaventa?
«La ragione risiede nel diffuso pregiudizio secondo cui le donne sono per natura deputate alla riproduzione. Se l'uomo può rivendicare la decisione di non voler figli e quando lo fa è persino apprezzato per la sincerità, l'ambizione femminile a quel desiderio è ritenuta segno di inaffidabilità. Perché non considerarci persone, prima che esseri biologici?».
Lei com'è arrivata alla scelta di non avere figli?
«Non ho mai avvertito in maniera forte l'istinto alla maternità. Quando mi sono posta il problema, mi è stato detto che per diventare mamma avrei dovuto aiutare la natura. Ho capito allora che quella strada proprio non volevo intraprenderla».
Una prospettiva tanto lontana dall'immaginario comune che, nel libro, per definire il suo status rinuncia al vocabolario italiano.
«Mancando una parola per definire la donna "senza figli", mi sono servita di un hashtag internazionale #childfree. Il termine Lunàdigas, con cui la lingua sarda definisce le pecore che non si riproducono e che le colleghe hanno voluto come titolo per il loro lavoro, è bellissimo. Riflette il radicamento di una filosofia ancestrale che si interroga in maniera profonda sul senso dell'esistenza».
La Sardegna è in cima alla classifica nazionale della denatalità. Non avere figli non sempre è una scelta.
«Rispetto ad altri Paesi europei, l'Italia non consente alle donne di soddisfare da giovani il bisogno di realizzazione professionale, economica e quindi sentimentale. L'obiettivo si raggiunge tardi, quando procreare è biologicamente più complesso».
La sua narrazione è quindi leva per una più ampia lettura degli ostacoli all'affermazione sociale e politica delle donne?
«Il tentativo di continuare a relegarci nel ruolo di madre, in quanto ritenuto sublimante, limita le nostre possibilità come esseri umani. Abbiamo una marcia in più (si dice), ma una chance in meno. Facciamo in modo che alla prima notazione consegua anche una chance in più. Dobbiamo farci sentire come persone. Soprattutto».
In che modo la famiglia può custodire i diritti individuali?
«È una riflessione a cui in questo momento storico tengo molto. Il nuovo governo ha un ministro della famiglia che tempo fa dichiarò di individuare come nucleo fondante dell'istituzione l'unione tra donna e uomo. Non voler prendere in considerazione il fatto che la famiglia biologica sia solo uno dei modelli possibili è anacronistico. Io la considero casa, luogo in cui più persone scelgono di entrare in relazione per amore, indipendentemente da sesso, età e vincoli di sangue».
Manuela Arca