Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La crisi dei negozianti storici Abbassa le serrande anche uno dei punti vendita Castangia

Fonte: L'Unione Sarda
30 maggio 2018

VIA MANNO.

Emanuele Garzia (Confcommercio): «Incide anche l'invasione dei cinesi» La crisi dei negozianti storici Abbassa le serrande anche uno dei punti vendita Castangia 

L'ultimo è lo storico negozio Castangia 1850 in via Manno ai numeri civici 61/65: serrande chiuse. Restano i punti vendita del largo Carlo Felice e di via Manno al civico 59, quattro livelli destinati all'abbigliamento uomo/donna. Una semplice «rivisitazione» dell'offerta, spiegano nel locale della famiglia Grilletti. I due piani del vecchio negozio sono stati presi dalla famiglia Capitanio, specializzata nelle calzature.
LE CAUSE Una banale modifica, forse, che tuttavia rende bene il quadro attuale. In una discesa cominciata dieci anni fa e che sembra non avere fine, il commercio cagliaritano cambia pelle e punti di riferimento ma non riesce ad arginare il calo di incassi e affari. Le due strade simbolo, via Manno e via Garibaldi, non fanno eccezione, anche in giornate soleggiate il viavai è limitato. La colpa? «Centri commerciali, invasione dei cinesi, pochi parcheggi, e-commerce» sottolinea Emanuele Garzia, rappresentante per la Confcommercio dei negozianti storici. Così non da oggi marchi che in città hanno fatto epoca hanno deciso di gettare la spugna.
SI CHIUDE Tra gli altri ha chiuso i battenti dopo 40 anni Il Nido di via Garibaldi (carrozzine e passeggini), Santolini in via Angioy (pellami) ha seguito la stessa strada, Ruggieri (abbigliamento) ha dimezzato le vetrine, per un periodo ha interrotto le attività La Città del sole (giochi per bimbi, ora aperto) in via Oristano, da tempo sono spariti i punti vendita Costa Marras (abbigliamento), i 30/40enni rimpiangono la mitica Pizza 74 di via Dante. Insomma, nessuno degli addetti ai lavori vede l'uscita dal tunnel.
L'ANALISI «La globalizzazione» è stata deleteria, spiega Garzia, la cui attività di famiglia a sua volta è nata nel 1813. «Sembra un luogo comune ma non lo è». Nei centri commerciali «le grandi catene applicano prezzi competitivi». Così accade che nel capoluogo (dati del 2016) i negozi del centro siano diminuiti di oltre il 22 per cento a fronte di una crescita di bar, ristoranti e alberghi. Un cambiamento di abitudini e offerta nella quale avrebbe inciso anche «l'invasione dei cinesi», arrivata «grazie ad accordi tra Governi e agevolazioni a noi mai riconosciute. Invece gli aiuti servono per superare il lunghissimo periodo di crisi che ha colpito tutta l'economia». Nessun segnale di ripresa. «Non ne vediamo, sinceramente. Negli ultimi anni noi abbiamo dimezzato il fatturato ma il problema è generalizzato per i negozi tradizionali». È «in ripresa» invece «il settore benessere. Il cliente tipo dedica più tempo alla cura della propria persona, per manicure e massaggi, che al vestiario».
LA SOLUZIONE La strada da seguire sarebbe «cavalcare l'e-commerce», gli acquisiti online. «Influiscono sulla situazione attuale, si compra stando a casa e pagando a prezzi vantaggiosi il prodotto e il trasporto. È una rivoluzione». Allora si potrebbe «creare proprie vetrine virtuali. Tanti lo stanno facendo».
LE TASSE Restano due problemi. La «grandissima pressione fiscale, il 74,4 per cento tra tasse dirette e indirette. Chi resiste più?» E i «troppi parcheggi eliminati», assenza che ha dirottato i clienti verso «i centri commerciali. In piazza Garibaldi potevano crearne di sotterranei, non l'hanno fatto». Così «si deve intervenire nel turismo, ma la stagione è ancora legata a quella balneare. Serve una destagionalizzazione che non si vede. Negozi aperti ogni giorno? Nessun problema, se ci fosse veramente un flusso importante. Anche di notte. E ci sarebbero assunzioni».
Andrea Manunza