Stabilimenti balneari contro la burocrazia: «Meno leggi, più lavoro»
Un lavoro da sogno in riva al mare, col sole in faccia e la sabbia tra i piedi. Vantaggi innegabili ma non senza obblighi e difficoltà. Chiedetelo alle centinaia di gestori di stabilimenti balneari e chioschi in spiaggia, aperti nelle più belle località dell'Isola e pronti ad affrontare ogni anno mareggiate, venti e una montagna di scartoffie da compilare ogni anno.
POETTO A Cagliari, nonostante l'approvazione del Piano di utilizzo dei litorali, non mancano le incombenze per gli imprenditori che ad ogni primavera si preparano alla stagione estiva nella spiaggia del Poetto. «Con un po' di ritardo dovuto alle mareggiate delle scorse settimane saremo pienamente operativi fra circa dieci giorni», assicura Maria Nunziata Abis, presidente della cooperativa Golfo degli Angeli, sotto il cui nome lavorano sette stabilimenti sparsi lungo quasi tutto il litorale cagliaritano. «Ogni anno tuttavia dobbiamo ripresentare la documentazione al Suape, lo Sportello unico per le attività produttive e per l'edilizia -, fornire l'autorizzazione paesaggistica, la concessione edile e da quest'anno anche la relazione sul rischio idrogeologico».
COSTA REI Una burocrazia che sta addirittura mettendo a rischio la stagione di nove strutture attive a Castiadas, destinatarie nelle scorse settimane di un'ordinanza di demolizione. «Se siamo ancora in piedi è grazie a una richiesta di sospensiva al Tar - spiega Enrico Ferrara, responsabile della cooperativa che riunisce cinque dei nove stabilimenti - il Comune sostiene che le strutture sarebbero dovute essere smantellate entro il 31 ottobre, ma le norme nazionali e regionali dicono il contrario. Un decreto Monti e lo stesso assessorato degli Enti locali permettono invece di rimare aperti dodici mesi l'anno. In questo modo a rimetterci potrebbero essere nove imprese e quasi duecento lavoratori».
TUERREDDA Più semplice la vita del signor Bruno, storico gestore di un piccolo stabilimento con tanto di chiosco annesso aperto a pochi metri dall'acqua cristallina di Tuerredda. «A noi basta una comunicazione da inviare ogni anno al Comune per iniziare a lavorare - dice il responsabile ma in compenso possiamo rimanere aperti fino a quando ci conviene. Quest'anno per esempio abbiamo aperto i battenti a inizio maggio e non ce ne andremo fino a quando il tempo ce lo permetterà, di solito a metà ottobre. Le norme, sebbene ci consentano in teoria di non chiudere mai, distinguono una stagione estiva durante la quale possiamo fornire servizi di balneazione, assicurando quindi anche il salvamento a mare, e una invernale dove i servizi si limitano solo a quelli elioterapici».
ALGHERO Ostacoli simili a quelli incontrati sulla costa nord-occidentale dell'Isola. «Ad Alghero si discute su quali tratti della costa rientrino in aree urbane o extraurbane - afferma Franco Pedrini, titolare di uno stabilimento a pochi chilometri al centro catalano - tutte fesserie, le norme nazionali parlano chiaro: non esistono vincoli temporali e per di più c'è una sentenza del Consiglio di Stato che recentemente ha addirittura affermato che smontare ogni anno un chiosco è ancora più dannoso per l'ecosistema che lasciarlo al suo posto tutto l'anno. Mi chiedo perché la Regione spinga verso un turismo destagionalizzato senza però aiutare chi veramente vuole portarlo avanti».
PROROGA Alberto Bertolotti, vice presidente nazionale del Sindacato balneari e numero uno di Confcommercio Sardegna non ha dubbi: «Serve una legge che ci faccia lavorare con certezze - afferma - una norma che preveda inoltre una proroga di almeno trenta anni delle concessioni. Tempo più che sufficiente per poter ammortizzare qualsiasi investimento da chi tanti anni fa ha iniziato questa professione con prospettive illimitate».
Luca Mascia