La Corte d'appello di Roma: «Legittimo lo stop ai lavori»
«La Regione autonoma della Sardegna deve essere ritenuta responsabile solo per i giorni di ritardo compresi tra il 9/8/2006 e l'8/9/2006». La Corte d'appello di Roma ha ridimensionato le responsabilità della Regione per aver bloccato i progetti edilizi sul colle di Tuvixeddu della società Nuova Iniziative Coimpresa. Ad agosto del 2006 era arrivato un provvedimento della Giunta regionale per bloccare i lavori della società di Gualtiero Cualbu ma quell'atto in seguito era stato dichiarato illegittimo dal Tar assieme ad altri atti successivi. Nel frattempo, però, la Giunta di Renato Soru aveva dato vita al Piano paesaggistico regionale e secondo i giudici romani i vincoli introdotti da quello strumento erano regolari e la responsabilità della Regione - coi relativi danni economici - va limitata all'intervallo di tempo tra i due provvedimenti: 31 giorni.
Il lodo arbitrale che si era occupato di fare chiarezza tra le due posizioni contrapposte aveva stabilito che all'impresa spettavano in tutto 77,8 milioni di euro di danni, la Regione aveva chiesto la sospensione dell'esecuzione del lodo ma la Corte d'appello di Roma aveva detto di pagare subito. Considerati gli interessi, nel 2014 la Regione era così stata costretta a pagare 83 milioni e 850 mila euro ma la sentenza pubblicata ieri ha drasticamente ridimensionato l'importo. «Tenuto conto che per ogni giorno di ritardo è stato calcolato un pregiudizio della società Coimpresa pari a euro 38.900 - si legge nel documento - la Regione deve essere condannata al pagamento dell'importo complessivo di euro1.205.900 (38.900 per 31 giorni)».
Sono questi gli effetti principali del ricorso presentato dagli avvocati della Regione Federico Sorrentino e Giovanni Parisi che hanno portato all'esame dei giudici romani il lodo arbitrale che aveva dato ragione alla Nuova Iniziative Coimpresa, difesa dagli avvocati Francesco Astone, Alberto Picciau e Marcello Vignolo. Non sono state accolte tutte le richieste della Regione, ma quelle principali, riducendo notevolmente il risarcimento per il privato. Allo stesso tempo stesso la sentenza certifica alcuni errori: dal primo stop dichiarato illegittimo fino all'entrata in vigore del Ppr la Regione targata Renato Soru ha provocato un danno da un milione e duecentomila euro.
La seconda sezione civile della Corte d'Appello di Roma, presieduta da Edoardo Cofano e composta dai consiglieri Benedetta Thellung e Patrizia Mannaciom ha stabilito che i vincoli introdotti dal Ppr del 2006 potevano essere applicati anche su atti precedenti, come l'accordo di programma del 2000 che aveva dato il via libera all'intervento su Tuvixeddu. Condividendo la linea della Regione i giudici hanno puntato sull'articolo 49 delle norme tecniche di attuazione del Ppr evidenziando che in più circostanze il Consiglio di Stato e il Tar avevano confermato questa interpretazione. La sentenza precisa che sui lavori a Tuvixeddu sono intervenuti provvedimenti della Soprintendenza che hanno contribuito al blocco delle ruspe.
A Coimpresa non resta che il ricorso in Cassazione: i giudici non potranno più entrare nel merito della vicenda, ma valutare solo gli aspetti di legittimità della sentenza pubblicata ieri. L'introduzione del Piano paesaggistico regionale del 2006 ha previsto che per un intervento delicato come quello nell'area tra via Is Maglias e la necropoli punica fosse necessario passare per lo strumento della copianificazione. Tutte le parti coinvolte si sono poi sedute intorno allo stesso tavolo, il lavoro è ormai alle battute finali e i risultati formali non ci sono ancora ma appare chiaro che gli spazi a disposizione per le nuove costruzioni di Coimpresa saranno ridimensionati rispetto ai progetti iniziali.
Marcello Zasso