Appello dell'Associazione 10 aprile. Lai: adesso c'è una verità morale
Moby Prince, una ferita aperta«Ora servono nuove indagini»
L'unica nebbia che ha segnato tragicamente il destino della Moby Prince e di 140 persone è quella che da ventisette anni avvolge la verità. Una nebbia fittissima, che ancora oggi impedisce di fare piena luce su una tragedia inspiegabile. Ma quel giorno, no, la nebbia non c'era. A riportare un briciolo di verità, almeno meteorologica, è stata la commissione parlamentare d'inchiesta. Un lavoro durato due anni per ripercorrere, indagare e riportare a galla i fatti che portarono a quel tragico scontro tra il traghetto e la petroliera. Un mistero che, da quel tragico 10 aprile del 1991, ha lasciato i familiari delle vittime non solo nell'inquietudine della sofferenza, ma anche nell'incertezza della giustizia.
I TANTI DUBBI Messa da parte la scarsa visibilità, anche l'errore umano utilizzato come capro espiatorio del disastro vacilla. Le nuove tecnologie hanno permesso una verifica accurata del video testimonianza, girato pochi minuti dopo l'impatto tra il traghetto della compagnia Navarma e la petroliera Agip Abruzzo. Insomma, non ci sono dubbi sulle reali condizioni di visibilità. Sebbene durante il processo furono individuate come una delle principali cause dell'impatto e dell'incendio che divampò sulla nave. Una disgrazia che conta centoquaranta vittime, un solo superstite e nessun colpevole.
L'INCHIESTA A fare il punto sull'inchiesta è l'ex senatore Silvio Lai, presidente della commissione di inchiesta. All'incontro promosso dall'Associazione 10 aprile-Familiari vittime Moby Prince onlus, con il patrocinio del comune di Cagliari che ieri ha ospitato l'evento, hanno partecipato Luchino Chessa, figlio del comandante Ugo Chessa, il sindaco Massimo Zedda e il presidente del consiglio comunale Guido Portoghese. Dopo la proiezione di Buonasera, Moby Prince , documentario-inchiesta del giornalista Rai Paolo Mastino, l'ex senatore democratico ha tirato le somme: «Abbiamo restituito una verità morale», ha detto Silvio Lai, evidenziando tutte le criticità di una verità ancora tutta da scrivere. «La petroliera non arrivava dall'Egitto come si è voluto far credere, le navi sono rimaste incagliate per molto tempo e sull'incendio si è chiarito: non c'era esplosivo, ma gas a bordo».
LE PROCURE Gli atti della Commissione sono stati trasmessi alla Procura di Livorno, che li ha richiesti. E a quella di Roma per conoscenza: «Sono passati più di venticinque anni e ci sono le prescrizioni. Ma noi - ha sottolineato Lai - confidiamo nella magistratura». La speranza è che dentro il dossier si possano trovare le ragioni per ulteriori indagini. «Con la trasmissione degli atti alle procure è stato compiuto l'atto finale - ha detto Luchino Chessa - ma noi speriamo che questo possa essere l'inizio di un nuovo percorso per dare giustizia ai nostri cari». È rivolto all'opinione pubblica, perché resti alta l'attenzione, l'ultimo mayday.