La linea degli albergatori «I ricavi siano reinvestiti nel settore turistico»
Roma incassa 250 milioni all'anno dalla tassa di soggiorno. Ma reinveste solo 100mila euro nel turismo. È una delle cose che gli imprenditori alberghieri vogliono evitare. L'altra è che la tassa si applichi in ordine sparso e a macchia di leopardo: in un Comune pago, in quello a fianco no. Un fattore di squilibrio in un'epoca in cui si sceglie una destinazione per un euro in meno.
Il dibattito, nelle istituzioni e nelle stanze delle associazioni di categoria è aperto da tempo. Ci sono molti tavoli aperti. E in Consiglio regionale ci sono due proposte di legge, mai arrivate nemmeno in commissione. Meglio la tassa di soggiorno o quella di sbarco? E in questo caso, come redistribuire i proventi tra i Comuni?
PROPOSTE BLOCCATE Luigi Crisponi, imprenditore turistico, ex assessore regionale al Turismo e consigliere regionale dei Riformatori, ha presentato una proposta di legge nel 2014. Finita in un cassetto, come quella elaborata da Anna Maria Busia (Cd) e altri consiglieri di maggioranza extra Pd.
«Sto per riproporla e non si chiamerà imposta di sbarco ma quota di sbarco, così proviamo a renderla meno antipatica», spiega Crisponi. «I turisti pagheranno quattro euro che incasserà direttamente chi emette i biglietti per navi o aerei. I proventi, che quantifico in circa 30 milioni all'anno, saranno redistribuiti ai Comuni in misura proporzionale al numero dei arrivi che saranno quantificati grazie al Sired, il sistema della Regione che monitora le presenze turistiche. In questo modo», aggiunge Crisponi, «i Comuni sono incentivati ad attirare più gente possibile e verrebbe fuori il sommerso. Chi già applica la tassa di soggiorno avrebbe sei mesi per rinunciarvi e partecipare alla suddivisione della quota di sbarco».
MANCA LA VOLONTÀ POLITICA Il problema non è scrivere una legge ma la volontà politica di discuterla e approvarla. Che oggi non c'è. Infatti Busia dal 2015 prova ogni anno a riproporla, anche provando a inserire una norma in Finanziaria. Ma è sempre andata male. «La mia proposta era finalizzata a uniformare il contributo, sino a dieci euro, in tutto il territorio regionale e a dargli uno scopo favorendo nel contempo l'emersione del sommerso. Il fondo non deve servire ad assestare i bilanci dei Comuni ma a migliorare l'ambiente e il paesaggio», spiega la consigliera di Campo progressista. Speranze che da qui alla fine della legislatura possa essere approvata? «La legge è pronta, basterebbe accelerare i tempi. Io ci proverò ancora».
Luigi Lotto, presidente Dem della commissione Attività produttive del Consiglio si mostra possibilista ma non alimenta facili entusiasmi. «Dovessi prendere in mano la situazione prenderei seriamente in considerazione l'idea di una tassa unica uguale per tutti ma non ci abbiamo mai ragionato, nemmeno quando discutevamo della legge sul turismo. Proverò a sondare in maggioranza e a capire se ci sono le condizioni per discuterne».
GLI OPERATORI: TASSA UNICA Del resto la necessità di uniformare la tassa è condivisa dagli operatori. «Ma deve diventare realmente una tassa di scopo e non essere utilizzata per tappare le buche delle strade ma reinvestita nel turismo e nell'ambiente», chiarisce Paolo Manca, presidente regionale di Federalberghi. Che vede le attuali tasse di soggiorno deleterie per i territori. «In un mercato in cui si compete per un euro, chi applica la tassa potrebbe essere svantaggiato rispetto a chi non la applica. Non si può continuare ad andare avanti in ordine sparso, meglio una tassa di sbarco». Manca sollecita un intervento dell'Anci, l'associazione dei Comuni. «Capisco che abbiano meno fondi e debbano contribuire a sanare il bilancio dello Stato ma occorre che i sindaci ragionino assieme. E l'Anci dovrebbe fare da collettore».
Fabio Manca