Da Redazione Cagliaripad - 28 marzo 2018
Laghi e sale immense sconosciute ai più. Al suo interno potrebbe conservare diverse cattedrali, tanto è alta ed estesa. È S’Avanzada, tra le più vaste, suggestive e articolate caverne urbane dell’isola che la web community Sardegna Sotterranea ha esplorato questa notte.
“L’obiettivo è svelare ai più l’esistenza di un luogo della memoria da salvare” afferma Marcello Polastri, tra le guide della spedizione.
“Però, a quanto sembra – aggiunge Diego Scano – della sua storia di questi luoghi a nessuno importa. Perché questo sito vecchio di millenni è abbandonato. Eppure diede la roccia utile per costruire il soprastante castello, detto ‘Castedd’è Susu'”.
“LA grotta sorregge la Cittadella dei Musei, e infatti potrebbe diventare anche un luogo per ospitare spettacoli, concerti, mostre, accogliere una palestra di arrampicata – prosegue Polastri – oppure diventare una succursale del museo e invece è come una pattumiera lontana da sguardi indiscreti”.
“Oggi, in seguito alle segnalazioni dei nostri affezionati lettori, ci siamo recati nel Largo Giuseppe Dessì constatando che, a due passi dall’ingresso del Giardino Pubblico di viale San Vincenzo (meglio noto come il Terrapieno), si staglia l’ingresso della caverna. È ridotto ad un buco su un muro di blocchetti in parte asportati da mani anonime – scrivono dalla community – superato quel foro, varcato da curiosi e sbandati, davanti ai nostri occhi, chiunque mosso da un briciolo di coraggio, potrebbe assistere ad uno spettacolo indecoroso: il vano d’accesso all’antica caverna è unvaso da un tappeto di bottiglie di plastica piene di urina. Ma perché?”.
“Ci ritorna in mente che circa 10 anni fa, i senzatetto che trascorrevano la notte nella caverna, usavano in un modo alquanto singolare delle bottiglie di plastica: “così non puzziamo e non pisciamo la grotta” disse uno degli occupanti della caverna che si sviluppa verso il basso – e concludono – il risultato è che oggi, una bomba ecologica, con centinaia di bottiglie non di certo biodegradabili, soffocano il nostro patrimonio storico-archeologico identitario”.