Francesca Ghirra, assessora a Cagliari: cominciamo la campagna elettorale «Noi donne di Campo progressista
ricostruiremo l'alleanza di sinistra»
Campo progressista riparte dalla forza delle donne, e apre la campagna elettorale per le Regionali dell'anno prossimo. «Vogliamo iniziare a porre le basi per un progetto collettivo. Dare un segnale forte, per dire che il 4 marzo non è finito il mondo, anzi, ci impegniamo di più per continuare a fare una politica vicina alla gente e ricostruire un'alleanza di sinistra».
Francesca Ghirra, 40 anni a luglio, assessora all'Urbanistica del Comune di Cagliari, annuncia che l'appuntamento - dall'inequivocabile titolo “Il nostro programma per la Sardegna” - è per sabato alle 10 al Teatro Massimo, e avverte: «Siamo aperti al dialogo, ma una serie di punti, i temi fondanti, non sono trattabili».
Quali sono?
«I bisogni delle persone, le azioni vicine alle esigenze dei cittadini più deboli, la solidarietà, l'inclusione sociale, il lavoro come strumento di riscatto, un'economia sostenibile che guardi allo sviluppo e alla tutela dell'ambiente, la cultura, l'istruzione e la formazione. Ancora: c'è la volontà di utilizzare al meglio l'autonomia della Sardegna».
Pensa che lo Statuto sia lettera morta?
«Abbiamo una serie di dispositivi che non sono stati applicati, partendo dal riconoscimento dei valori specifici dell'Isola, non solo come entità geografica ma come nazione, dal punto di vista identitario. Prendiamo, ad esempio, la scuola: noi non abbiamo mai promosso una legge sulla pubblica istruzione, se l'avessimo fatto, usando lo strumento delle specificità linguistica, avremmo potuto tutelare le scuole dell'interno e non avremmo dovuto usare i numeri del dimensionamento nazionale».
Cioè non si sarebbero chiuse molte scuole nei piccoli paesi?
«Esattamente. Una cosa è fare plessi scolastici da seicento studenti a Milano, un'altra è farlo in Barbagia».
Una politica al femminile per dare valore aggiunto alla politica e per una maggiore rappresentanza nelle istituzioni?
«Sì, decisamente. Noi donne di Campo progressista abbiamo firmato un appello all'unità e fatto un'assemblea molto partecipata in cui eravamo una cinquantina. Il metodo di lavoro riprende quello fatto con le Officine, ogni tavolo sviluppa un argomento specifico. L'idea è di creare un progetto che abbia una forte caratterizzazione femminile, sia nei contenuti che nel metodo, da proporre ovviamente anche agli uomini che si riconoscono nel campo progressista, riformista e democratico».
Pensa che l'allontanamento da quei temi di cui parla sia la causa della sconfitta elettorale?
«Penso che ci sia una forte difficoltà nel comunicare. Mi ha stupito molto che il M5S abbia fatto del reddito di cittadinanza la sua bandiera e il Pd non sia stato in grado di raccontare cosa ha fatto per l'inclusione sociale. Gli 80 euro di Renzi, i 500 euro per gli studenti, il Sia, il Rei, sono una forma di reddito di cittadinanza».
La Giunta regionale ha responsabilità?
«Io credo che non si debbano sovrapporre le elezioni politiche a quelle locali, e il Lazio lo dimostra. La maggior parte dei voti che il M5S ha preso in più rispetto al 2013 proviene dal Pd e da Sel, i nostri elettori hanno votato loro per darci un segnale. Mi preoccupa di più la Lega, questa campagna così smaccatamente discriminatoria rispetto ad alcune categorie ha attecchito anche da noi, e su questo ci dobbiamo interrogare molto».
Cosa pensa dell'idea di Silvio Lai: un soggetto autonomo, un altro nome, un altro simbolo? Saranno sempre vostri alleati? E le vostre lacerazioni interne?
«La situazione è molto critica e dobbiamo fare uno sforzo enorme per ricompattarci e ridare fiducia ai cittadini. Non aver partecipato alle Politiche con una lista nostra ci ha penalizzato, il nostro elettorato era disorientato, perché da un lato c'era Leu, e dall'altro c'era un centrosinistra in cui il partito più di sinistra era il Pd. Però sono convinta che ci sia bisogno di sinistra, se riusciremo a fare quello che purtroppo a Pisapia non è riuscito, potremo gettare buone basi per ripartire. Poi, l'alleanza col Pd non l'abbiamo mai messa in discussione. I simboli sono importanti, ma sono i contenuti che interessano la gente. Dobbiamo essere capaci di restituire ai simboli della sinistra i contenuti tipici della sinistra».
Massimo Zedda sarà il leader della coalizione?
«Essere il leader non significa essere candidato alla presidenza: credo che lui ami la nostra città e voglia portare avanti il suo mandato, abbiamo ancora tanti anni davanti».
Di lei si dice che sarà la prossima sindaca di Cagliari.
«Mi sembra un discorso prematuro. Sono stata molto felice del risultato delle elezioni nel 2016, non immaginavo certo che sarei stata la più votata e sono molto fiera del ruolo che il sindaco mi ha assegnato. Poi si sa, in politica è difficile sapere oggi cosa accadrà domani, figuriamoci fra tre anni e mezzo».
Il suo sogno?
«Come amministratore, riuscire a dare risposte concrete ai problemi delle persone, come donna, mi piacerebbe vivere in una società dove tutti gli uomini sono perbene e non violenti».