“Chiedete aiuto, non minimizzate”. Parla Roberta, sopravvissuta al marito violento
“9 dicembre 2014, e chi se la dimentica quella data. E’ impressa nel mio cuore, era una giornata assolata. Quel giorno il sole è tornato a splendere nella mia vita, dopo 33 anni di inferno, botte, umiliazioni, soprusi, minacce di morte”. Roberta a 73 anni ha avuto la forza di liberarsi dal marito-carnefice e voltare pagina. Sono passati quattro anni e ora si sente più viva e forte che mai. Ma non c’è giorno in cui non pensa con gratitudine a chi le ha teso una mano, il Centro Antiviolenza Prospettiva Donna di Olbia diretto da Patrizia Desole.
“All’interno della nostra casa rifugio ha iniziato a sentire che la sua vita e la sua persona sono preziosissime – commenta Desole – sono tante le storie toccanti, le ho tutte nel mio cuore, donne sopravvissute alla violenza che sono riuscite a intraprendere un percorso di libertà. Ma questa contiene un messaggio di grande speranza perché il desiderio di libertà non ha età”.
In occasione di questo 8 Marzo, Roberta vuol lanciare un messaggio alle vittime di violenze e soprusi: “Ai primi segnali non minimizzate, ribellatevi e reagite il prima possibile, non fate come me, parlate, chiedete aiuto e sopratutto mettete al centro voi stesse, lavorate su di voi, perché la vostra vita vale”. Questo messaggio sarà letto in occasione del convegno Le radici della violenza: lezioni di umanità da Etty Hillesum, che chiude il Progetto SaS – Sardegna a scuola, finanziato dalla Regione. Organizzato da Prospettiva Donna si terrà dalle 9.30 nel Museo Archeologico di Olbia ed è rivolta a studenti e studentesse.
L’ha provato sulla sua pelle, Roberta, 33 anni di violenze, denigrazioni, scuse inventate per giustificare un occhio pesto o lividi sul corpo. Si lascia andare con coraggio al flusso dei ricordi e delle emozioni. “Se mi guardo indietro mi sembra di aver vissuto in un film surreale invece era realtà quotidiana – racconta la donna all’ANSA – dopo il primo periodo di corteggiamento in cui ha mostrato un volto angelico, mi ha annientata, ero sotto i suoi piedi, soggiogata al suo volere, trattata non da moglie ma da schiava, ridotta al silenzio, manipolata e allontanata da tutti. Ogni scusa era buona per picchiarmi, voleva che tutto fosse perfetto, essere servito a orari precisi e guai se una cosa era fuori posto, partivano ceffoni, pugni”.
Il suo è un racconto doloroso e straziante. “Continui insulti, denigrazioni. Per dispetto mi riduceva in cenere i miei bellissimi lavori all’uncinetto, lavoravo anche fuori casa e ciononostante dovevo chiedere i soldi a lui anche per comprarmi un paio di calze”. Ora Roberta finalmente può dare valore alla sua esistenza con i suoi hobby creativi, vecchie e nuove amicizie, la lettura, la natura, il cinema, le passeggiate all’aria aperta. “Ho rimesso me stessa al centro della mia vita. Mi sento almeno dieci anni in meno addosso, sono attorniata dall’affetto dei miei cari, mi sento viva e bella”. Un ultimo pensiero nel giorno dell’8 Marzo Roberta vuole rivolgerlo ai centri antiviolenza. “Guai se non ci fossero, ogni giorno ringrazio i miei angeli, mi hanno salvato la vita, me l’hanno restituita, non importa quanti anni dovrò ancora vivere, ogni attimo è prezioso, la mia vita è come un gioiello da lucidare giorno dopo giorno, e se viene fuori qualche macchiolina sorrido e la accetto, perché è il segno della mia unicità e libertà”.