Cagliari, la bellezza tra industria e natura: viaggio nelle saline Conti Vecchi
Dopo la pausa invernale, dal martedì alla domenica, riaprono al pubblico le Saline Conti Vecchi a due passi da Cagliari. Un'oasi naturalistica in cui vivono 40mila uccelli, tra cui i fenicotteri rosa, e dove da un secolo va avanti il ciclo di produzione eco-sostenibile del sale.
Il viaggio inizia a bordo di un trenino sulle stradine sterrate che dividono, con un taglio netto, le vasche rosse dove tra pochi giorni il mare porterà nuova acqua. Davanti, due montagne di sale bianchissimo fanno capire che in quest’oasi a poche centinaia di metri dalla zona industriale di Macchiareddu c’è ancora posto per la natura. Viva: il ciclo delle saline va avanti dal 1931, nulla si spreca tutto si rigenera, e qui sono rimasti i fenicotteri, magnifico simbolo di Cagliari. Cercano di alzarsi in volo, contro il vento di scirocco, quasi volessero mostrarsi ai turisti tedeschi presenti sul treno. Poco più avanti una ruspa e una grande gru a testimoniare come in questo luogo abbiano sempre convissuto natura e industria, in apparente contrasto.
Natura e turismo. Da maggio 2017 alle Saline Conti Vecchi c’è anche il turismo, per dieci mesi all’anno. Grazie al Fai (Fondo Ambiente Italiano), i 2700 ettari delle seconde saline più grandi d’Italia sono diventate un posto da raccontare: un secolo di lavoro, di cambiamenti storici, sociali ed economici. Oggi, sabato 3 marzo, è il giorno della riapertura al pubblico. L’inverno, quasi finito, è servito per la manutenzione del sito e ora è arrivato il tempo della coltivazione del sale. Andrà avanti fino ad agosto poi, da settembre a novembre, ci sarà la raccolta prima della distribuzione. La maggior parte del sale finirà nelle nostre tavole, per uso alimentare, il resto servirà per prodotti chimici e industriali. In media dalle saline ogni anno escono 380mila tonnellate di sale. Tutto avviene sotto lo sguardo di 40mila uccelli d’acqua tra cui fenicotteri, volpoche, falchi di palude e spatole censiti durante l’inverno.
Un’oasi naturale tra le industrie. La produzione del sale va avanti dal 1931. L’idea di bonificare una zona infestata dalle zanzare e dalla malaria viene nel 1919 all’ingegnere Luigi Conti Vecchi, già generale dell’Esercito e direttore delle ferrovie regie della Sardegna. E’ lui che presenta un progetto di bonifica dello Stagno di Santa Gilla per realizzare una salina e valorizzare un’area ai margini della città. Non mancano le difficoltà, il progetto inizialmente osteggiato nel 1921 viene approvato dallo Stato che concede l’area e stanzia due milioni di lire per i lavori. Ci vogliono dieci anni prima di vedere un granello di sale uscire da Santa Gilla. Sono gli anni in cui tutt’attorno nascono le prime industrie: la centrale termica, tuttora esistente ma dismessa, una fabbrica di cemento, uno stabilimento per produrre concimi chimici. I germi di quella che negli anni ’60 diverrà l’area industriale di Macchiareddu, ai confini delle saline, dove oggi tra le altre ci sono la Saras, Fluorsid, l’inceneritore del Tecnocasic. “In questo scenario – spiegano le guide – la salina Conti Vecchi negli anni ’30 era già un’attività eco-sostenibile basata su una catena produttiva circolare che ancora oggi dipende dai ritmi della natura, dal mare, dal sole e dal vento. Non si butta nulla e tutto si ricicla”.
Il villaggio. Assieme alle saline nasce un villaggio, oggi in parte conservato, dove vivono proprietari, dirigenti e operai. Ci sono ville padronali, palazzine, una chiesa, le scuole, un dopolavoro. Anche un’azienda agricola. E’ intorno a questi luoghi che si crea la comunità del villaggio Conti Vecchi, un’innovazione sociale per l’epoca. I bombardamenti del ’43 segnano lo spartiacque: la produzione si ferma, unica interruzione, per due anni. Col tempo poi cambiano anche gli equilibri. Alla ripresa il lavoro viene meccanizzato e il numero dei lavoratori diminuisce: dopo i licenziamenti il clima in azienda diventa teso, nel 1971 gli operai arrivano a occupare la Salina per alcune settimane. Nel 1984 la proprietà passa dalla famiglia Conti Vecchi all’Eni, tramite la Syndial, che attualmente gestisce e fa andare avanti la produzione. Oggi il villaggio non è visitabile ma tra i propositi del Fai c’è quello di riqualificare gli edifici e mettere a disposizione delle biciclette per percorrere su due ruote i sentieri, lunghi chilometri, che partono dal vecchio villaggio.
Fenicotteri pupazzo: fanno parte del merchandising delle Saline
Il museo. A rimanere immutati sono invece gli oggetti sulle scrivanie della direzione: il calendario segna il 1933, ci sono ancora le macchine da scrivere, i timbra cartellini, i libretti degli operai. I laboratori di analisi del sale, tra ampolle, bilancini di precisione e termometri. Nell’officina meccanica dove venivano eseguite le riparazioni si sentono ancora battere i martelli e i rumori delle frese. Eppure non c’è nessuno. Arrivano da un video proiettato su una grande parete che racconta la storia della Conti Vecchi. E’ questa la nuova sfida: far rivivere i luoghi, che altrimenti rimarrebbero senza più senso, fino farli diventare un museo.