Foto di Nicola Castangia“La collina delle anime” dove si ascoltano i silenzi
U na povera croce tra i fiori di campo, per il canto dei morti senza nome. “Ascolta le voci nel silenzio, tendi l'orecchio al mormorio che sale, non è preghiera, è il nostro mesto canto....” chiude “La collina delle anime”, il libro che Enrico Valdès con i versi, e Nicola Castangia con le fotografie dedicano al Cimitero monumentale di Bonaria. Una sorta di Spoon River cagliaritana, dove a parlare, con accenti di pacato rimpianto, sono i morti. Edito da Carlo Delfino (120 pagine, 15 euro), è un testo che ci restituisce, con la bellezza del luogo, una città che non c'è più. Valdès, medico e autore di romanzi e testi poetici, ripercorre un itinerario possibile tra le migliaia di tombe che affollano il sito monumentale, ne individua trentacinque e ridà voce a chi le abita.
Tombe di bambini, come quella che ritrae, accasciato sulla seggiolina, il piccolo Efisino Devoto, e sotto, la scritta: “Cattivo, perché non ti risvegli?!?”. O quella del ragazzino senza nome, che trovando chiuso il rifugio di Santa Restituta, finì sotto le bombe del '43. Tombe di eroi, soldati, donne morte per amore. Sepolcri illustri: Ottone Bacaredda, Teresa Mundula Crespellani, Giovanni Spano, Gaetano Cima, Piero Schiavazzi. E altri modesti, come quelli di un pescatore e di un macellaio, su cui l'obiettivo di Castangia non indugia, preferendo raccontare la bellezza del mare o dell'antico Mercato civico: i luoghi della loro esistenza in vita.
Nel libro c'è una dedica palese, «alla città di Cagliari, a quel che fu, a quel che sarà», e ce n'è un'altra più intima, alla scrittrice Cenza Thermes. Fu lei, insegnante di italiano nelle medie delle scalette del Sepolcro, ad aprire la mente del suo alunno alla bellezza della letteratura e della lingua. E ora Valdès le rende omaggio, andandola a trovare con la sua prosa lirica. Come va a trovare il bisnonno Pietro, imprenditore della stampa (“e sento il vento che dal mar respira”). Già: tra i morti evocati non ci sono lamenti, pianti, stridor di denti, e neppure certezze di beatitudine. Soltanto il soffio leggero del vento. E la sommessa invocazione all'ascolto.
Colpisce, tra le tante storie di una Cagliari borghese ottocentesca, l'invocazione “e riposar vorrei tra le mie rive” di Alexandre Charles Perregaux, maresciallo di campo dell'esercito francese, che a Cagliari, lontano da casa, trovò la morte nel 1837, ucciso dal colera mentre era alla fonda sulla sua nave. Colpisce la sorte beffarda di Giovanni Sartorio, il “Michelangelo dei morti”, autore, con Francesco Ciusa e Filippo Figari, dei monumenti funebri più belli. La sua tomba non è a Cagliari dove operò, né nel suo Piemonte. È il Tirreno, dove trovò la morte: “e per cuscino ebbi l'azzurro mare”.
È la legge del contrappasso, un altro messaggio di questo libro che parla, sottovoce, di continuità tra noi e loro, e che giorni fa è stato presentato agli Amici del Libro da Cicci Ibba, alla presenza degli autori e dell'editore. Con Mario Faticoni a dire le poesie e l'Adagio per archi di Samuel Barber ad accompagnare il bel video di Nicola Castangia.
Introdotto da Danilo Fadda, assessore al Personale del Comune, e Serenella Piras, dirigente Affari generali e cimiteri, “La collina delle anime” conta sulla prefazione di Mauro Dadea (già autore, con Mario Lastretti, di “Memoriae”, un volume su Bonaria): «È il ciclo inesorabile del tempo, che dalla polvere forma la vita, e che la vita poi riduce in polvere... Rimangono le tombe, i libri degli storici, i canti dei poeti».
Maria Paola Masala