Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Chi non dorme acquista pesci

Fonte: L'Unione Sarda
15 novembre 2017

Chi non dorme
acquista pesci 

Il primo incontro è con l'uomo dentro il gabbiotto, il secondo con una piccola colonia di gatti piazzati all'ingresso. Sei in tutto, disposti con ordine fuori dalla sala contrattazioni. Sono loro a dare il benvenuto al mercato all'ingrosso di viale La Plaia. Un micromondo che prende vita nel cuore della notte, e va avanti sino alle prime luci dell'alba, tra trattative non troppo rumorose e centinaia di cassette di polistirolo sistemate per terra. Occupano quasi interamente il lungo corridoio dove concessionari e dettaglianti si incontrano quando la città è ancora avvolta dall'oscurità, e per strada non c'è anima viva.
IN PIENA NOTTE Alle 5 l'uomo del gabbiotto è taciturno. «Buongiorno», risponde a denti stretti e con sguardo decisamente assonnato. Dovrebbe essere lui a vigilare sull'entrata, sia dei venditori che degli acquirenti. Le regole sono chiare: «La merce inizia ad arrivare da mezzanotte in poi, soprattutto quella che proviene da oltre Tirreno. Per i pesci locali si aspetta anche sino alle tre», spiega Giancarlo Strazzera, 57 anni, concessionario storico. Ma entro le quattro tutto deve essere esposto. «Praticamente sono nato qui dentro, mio padre faceva questo lavoro. Anche mio nonno», racconta. «I fatturati possono anche essere alti, il problema sono gli utili fermi a venticinque anni fa».
SPIGOLE E ORATE Il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale. Basta un minuto di ritardo per perder l'affare e persino la merce. «Se arrivi alle quattro e mezza, di pesce locale non se ne trova più. A seconda dei prodotti di cui si ha bisogno bisogna essere qui da prestissimo», dice Valter Polizia, intento a fare gli acquisti per il suo box al mercato di San Benedetto. È una regola fondamentale, soprattutto quando c'è mare brutto. Perché il prezzo segue la più basilare regola del mercato: se l'offerta è bassa il tariffario punta verso l'alto. Al di là di tutto, sono spigole e orate ad andare per la maggiore. «Sembra che la gente conosca solo quelle, eppure ci sono tanti altri pesci decisamente più economici». Le orate greche sono a sei-sette euro al chilo, le stesse che poi arrivano sui banchi dei mercati civici a dieci circa.
CONTRATTAZIONI E RAGIONIERI Un tempo nel corridoio umido e illuminato dalle lampade al neon si faceva l'asta. Per ogni cassetta di pesce. «I concessionari erano anche astatori , questo perché c'era solo il prodotto locale e non bastava per tutti. Se lo aggiudicava chi offriva di più». Adesso le trattative sono quasi sottovoce. Nessuno grida, vince chi resiste. «A quanto sono i ghiozzi?», domanda un potenziale acquirente. «A dieci», risponde il venditore. «Li prendo a nove», «No, sono a dieci», la contrattazione va avanti per qualche minuto. Alla fine la spunta il cliente. Ai lati del corridoio invaso da pesci di ogni tipo e origine ci sono due file di box. È lì che si chiudono i conti.
IL TAGLIANDINO «Io arrivo alle cinque. Raggiungo mio zio che si occupa degli acquisti, il mio compito è fare le fatture», chiarisce Daniela Milia, una delle due sole donne presenti in questo regno decisamente al maschile. Lo dimostrano i servizi igienici, solo per uomini. Il meccanismo è prestabilito: ogni pesce ha la sua sigla, un codice che ne indica la provenienza e il metodo di pesca, «una delle ultime richieste della Capitaneria di porto». Tutti i codici vengono messi nero su bianco in un tagliandino che compila il venditore e finisce nelle mani del ragioniere. Ogni concessionario ha il suo, è lui che incassa i soldi. «A volte puoi trovare anche venti persone in fila per fare solo una fattura. È così da quando hanno chiuso la banca, io non l'ho conosciuta, ma so che accorciava i tempi. Era un servizio molto utile». Non c'è più traccia neanche della fabbrica del ghiaccio. Ferma da tempo, così come le celle frigo. «Cella guasta», avvisa il cartello col logo del Comune. Ormai parte dell'arredo. «Il Comune poco per volta ci toglie servizi, ma il cannone di affitto non lo abbassa», protesta un signore.
FINE DEGLI ACQUISTI Verso le sei che il piazzale inizia a svuotarsi. Gli acquisti sono pressoché ultimati per tutti. Le merci vengono caricate sui furgoni parcheggiati all'esterno e prendono il largo verso i diversi mercati della zona. Per concessionari e dettaglianti è tempi di bilanci. Andrea Loi ha lo sguardo soddisfatto. «È andata bene. Ho finito quasi tutto», dice sorridente. «Calamari, merluzzi, seppie, triglie e polpi sono andati a ruba, mi è rimasto qualche muggine». Gradevole consolazione, dopo la sveglia suonata alle 2. Anche Maria Rocca sembra soddisfatta. «Ho ottenuto buoni prezzi, ma ormai lo sanno tutti che non spendo tanto», spiega. Ha trentaquattro anni, un diploma in tasca e un box al mercato comunale di Maracalagonis, ereditato dal padre. «Lui per me sognava un posto statale. Ho fatto di tutto, anche la salumiera, ma alla fine penso che lavorare al mercato sia pesante ma bellissimo. Così eccomi ancora qui, a trattare sui prezzi e poi a rivendere tutto nel mio stand».
IL BANDITORE MUTO Mentre le cassette di polistirolo spariscono una dopo l'altra dal pavimento bagnato, il baretto in fondo al corridoio si riempie. Stanzetta di poche pretese, arredata al minimo e con tre slot macchine poggiate alla parete. Per arrivarci si passa accanto alla sala asta, o meglio, a ciò che ne resta. C'è un orologio gigante fissato sul soffitto, era lì che in teoria sarebbe dovuto apparire il prezzo finale. Tutt'attorno i banchetti sistemati su diversi gradoni, ognuno dotato di pulsante per prenotare il prodotto. Sotto, due nastri mobili per il trasporto dei prodotti ittici. Tutto impolverato, perché dopo la benedizione di monsignor Ottorino Alberti, nel lontano 1992 - con il rinfresco di rito - , non è mai più entrata in funzione. Ma ormai sono le sette, c'è l'alba, non è più tempo di polemiche.
Sara Marci