F inisce così: con il popolo di Creuza de Mà, riunito ieri mattina in una soleggiata e ancora calda domenica di novembre all'Exma di Cagliari in un clima festante segnato dal jazz d'annata e dal blues di Sousaphonix del sempre bravo trombonista Mauro Ottolini, che omaggiano Buster Keaton in un rendez-vous organizzato in tandem con l'European Jazz Expo. Lo stesso clima che la sera prima chiude all'Auditorium del Conservatorio il concerto del sassofonista Enzo Avitabile, che, nell'ultimo brano, invita il numeroso pubblico ad alzarsi e a ballare trascinandolo in una danza che sembra non finire mai.
Un set in cui il musicista partenopeo spazia nella produzione musicale degli ultimi 15 anni (non manca però “Soul Express” che sposta ancora più indietro il calendario). e condividendo il palco, a un certo punto della serata, con i nostri Luigi Lai ed Elena Ledda: «Ci conosciamo da tanti anni e siamo legati da un rapporto di ricerca musicale. Luigi compare anche in un mio disco, “Sacro sud”, al quale sono molto legato», ricorda il solista di Marianella, quartiere alla periferia di Napoli.
Tra gli ultimi fuochi della serata, c'è stata “Terra mia” di Pino Daniele, canzone e album uscito nel '77 e a cui lei prese parte. Come mai questa scelta?
«Mi viene naturale farla in ogni concerto e così sarà anche in futuro. È stato un disco fondamentale non solo per lui, ma anche per tutta la musica napoletana prodotta da quel momento in poi».
In questi ultimi anni è stato ricoperto di premi: gli ultimi, sono stati i due David di Donatello, vinti in questo 2017. Quale il suo rapporto con le altre arti?
«Soprattutto questi recenti riconoscimenti, hanno dato un'attenzione specifica a quello che musicalmente ho fatto negli ultimi anni, nel campo della musica da film. Mi piace spaziare in campi diversi, compreso il teatro. Ho scritto ad esempio le musiche per uno spettacolo di Pippo Delbono, “Vangelo”, con le quali quest'anno ho vinto il Premio Ubu. L'ultima replica, è andata in scena oggi al Teatro Bellini, dove a eseguire le musiche, c'era l'orchestra del San Carlo».
Ha due figlie: nessuna di loro ha abbracciato la musica. Deluso?
«No. Hanno scelto campi in cui stanno facendo molto bene, chimica e biologia. Ne vado orgoglioso. Una delle due è ricercatrice. Hanno seguito le loro attitudini».
È diplomato in flauto al Conservatorio e, sempre al Conservatorio, dirige un corso di world music. Come mai?
«La world è una musica d'insieme, ma non solo. Percorre anche la strada della sperimentazione dove si dice che tutto è concesso e tutto deve essere tentato. Nell'arte bisogna sempre osare, altrimenti non c'è novità».
Ha collaborato con tanti artisti di calibro internazionale, che l'hanno anche spinta a coltivare una ricerca interiore. Ci vuole raccontare?
«Tina Turner mi ha avvicinato al buddismo. Carlos Santana e sua moglie, all'induismo».
Oggi invece è un cattolico praticante.
«Sì, recito quotidianamente il rosario e credo molto nella preghiera come azione. Di recente ho incontrato papa Francesco».
Tanti anni fa, invece, incontrò un altro Papa, ma della musica soul: James Brown.
«Quell'incontro ha avuto un peso enorme. Suonavo nella sua band nei primi anni Ottanta. Ammirava il mio suono. Un giorno mi chiamò e disse: Sei bravo, torna nella tua terra e ricomincia da lì» . Era un invito ad andare avanti, a percorrere fino in fondo la mia strada, e così ho fatto».
E il pubblico ringrazia.
Carlo Argiolas