T radimenti, scherzi, equivoci, doppi sensi, rivelazioni, pentimenti. Dramma e comicità, burla ed elegia. Chi cerca un eroe positivo, in questa giornata folle che compone “Le Nozze di Figaro”, non lo trova. Ma non trova neppure colpevoli. Solo un pugno di adorabili canaglie. E l'Eros, declinato in tutte le sue facce. È lui, esaltato dalla coppia Mozart-Da Ponte, il vero protagonista di questa meravigliosa opera buffa che tutto confonde e tutto risolve. In questi giorni fino a domenica in cartellone al Teatro Lirico di Cagliari, ha riscosso un grande successo, e suscitato molte piacevoli risate. L'allestimento è del Maggio Musicale Fiorentino, la regia di Jonathan Miller, ripresa ora a Cagliari da Maria Paola Viano. Ancora attuale, a venticinque anni dal debutto, proprio perché assolutamente rispettosa dell'opera, che di anni ne ha 231 e sa il cielo se li porta bene. Del resto, appena 29 ne aveva Mozart, e 36 Da Ponte, quando crearono il primo capolavoro della loro trilogia italiana.
E dire che queste imperdibili “Nozze” sono state celebrate raramente a Cagliari. Nel 1964 al Massimo (a 178 anni dal debutto viennese), nel 1990 all'Auditorium del Conservatorio (con Angelo Romero Figaro e Maria Luisa Garbato Contessa) nel '97 con Daniele Abbado alla regia e la grande Lella Cuberli Contessa) e infine al Lirico, nel 2012. Hubert Soudant sul podio, Marina Bianchi alla regia, scene di Sabrina Cuccu e costumi di Beniamino Fadda.
Il ritorno, a sette anni di distanza, è stato particolarmente apprezzato dal pubblico. Per la bravura dei cantanti, per la direzione appassionata di Stefano Montanari, che si è fatto in due, ricoprendo anche il ruolo di maestro al fortepiano, e anche per questo è riuscito a dare coesione al tutto, mantenendo sempre alta la tensione di quest'opera meravigliosa, ma lunga, piena di recitativi, e quindi insidiosa. Pianista, violinista, musicista totale, e uomo di grande simpatia, ha diretto di par suo l'orchestra e il coro del Lirico, nel quale ha esordito come direttore Donato Sivo.
La nostra Maria Paola Viano, chiamata al compito tutt'altro che facile di riprendere la regia di Miller, ha reso ancora più segnatamente femminile quest'opera buffa così nuova, così spumeggiante, che dalle donne - nell'evoluzione della storia che racconta - è diretta. Sono loro a dominare, loro a decidere, a trovare soluzioni. A cambiar sempre le carte in tavola.
Ma questa, per la verità, è anche prerogativa di tutti gli attori di questa storia ricca di pepe e di sale, che è un continuo mutamento, un passaggio da uno stato all'altro, dal riso al pianto, dal serio al faceto. Non più due linguaggi separati ma uno solo.
Miller ben lo evidenzia nella sua regia, che nell'estrema nitidezza (e nella totale assenza di orpelli e di inutili distrazioni) aiuta lo spettatore a cogliere l'essenza di questa storia ardua da raccontare, piena com'è di intrecci di sentimenti e di coppie: Figaro e Susanna, il Conte e la Contessa, Bartolo e Marcellina. E Cherubino, pronto ad accoppiarsi con tutte e tutto.
Una sola folle giornata dura la vicenda. Un'unica struttura scenica che si trasforma di atto in atto, dando vita a quattro diverse ambientazioni che virano dall'ocra degli interni all'azzurro dell'ambiente esterno, dalle camere del Palazzo del Conte al giardino, dal mattino alla notte. Con lo spazio che si apre sempre più, ad abbracciare tutti i protagonisti, i loro sentimenti e i loro inganni.
La lettura (per un regista estroso come Miller) è rivoluzionaria, proprio perché estremamente fedele al libretto, che è avanti di suo, come la musica. Con i personaggi principali - quelli per intenderci che escono alla fine, a raccogliere gli applausi - che non sono i nobili, ma i servi: Susanna e Figaro. Susanna, che non a caso ha abiti simili a quelli della Contessa. Arriveranno a scambiarsi l'identità, le due, per dare una lezione al Conte, e tentare di mettere ordine al caos. L'incredibile è che ci riusciranno.
Maria Paola Masala