L'INTERVISTA.
«Soffro prima di una sentenza, nell'Isola nessun problema particolare» Giustizia, il vertice è donna Gemma Cucca è la nuova presidente della Corte d'appello
«Cosa mi aspetto? Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Ce la metterò tutta ma ho bisogno dell'aiuto delle istituzioni. Ho forza e speranza, sono emozionata ma credo nella giustizia. Averla è un diritto di ogni cittadino».
Dopo 15 anni Gemma Cucca torna al Palazzo di giustizia di Cagliari e lo fa rivestendo la carica più importante della magistratura sarda: prima presidente di Corte d'appello. Il coronamento di una carriera cominciata nel 1981 a Nuoro, proseguita nel capoluogo di regione (dal 1997 al 2002), quindi a Sassari (fino al 2009) e poi a Tempio, dove è stata presidente del Tribunale sino a pochi mesi fa. Scaduto il mandato, il Plenum del Csm a maggio ha deliberato all'unanimità di assegnarle l'attuale incarico. Da mercoledì scorso, giorno dell'insediamento ufficiale, davanti al suo ufficio è continuo il viavai di colleghi, funzionari e dipendenti amministrativi che si presentano per darle il benvenuto e augurarle buon lavoro. «Ma già ricevo molte chiamate anche da Sassari, Tempio, Oristano, Nuoro per i problemi di cui soffre la macchina giudiziaria. Farò il possibile, purtroppo non ho la bacchetta magica».
Presidente, sono sofferenze croniche del sistema giustizia. Come pensa di intervenire?
«Chiederò aiuto alle istituzioni e ai dipendenti, che già lavorano tanto. Un protocollo di intesa con la Regione per lo spostamento di parte del personale potrebbe essere una strada da seguire, altrove è stato fatto».
Di recente però sono stati immessi in ruolo dipendenti pubblici, come i barellieri del 118, che nulla sanno di codici e leggi.
«Certo, così è un dispendio di tempo anche del cancelliere che dovrebbe pensare al suo lavoro e invece deve formare chi ancora non ha la competenza necessaria. Non è questo il modo di risolvere i problemi. Il personale è troppo poco».
La soluzione allora qual è?
«Fare concorsi. Formare i giovani che vogliono lavorare. Il ministro Orlando sta facendo tanto, di sicuro è necessario affrontare i problemi all'atto pratico per capire quale sia la strada giusta».
Anche Procura e Tribunale hanno problemi: mancano due sostituti e 8 giudici su 54.
«Servono concorsi, non c'è alternativa. Manca la contemporaneità tra l'uscita dal ruolo e la copertura del posto. Il periodo di vacanza è molto lungo, di conseguenza cresce il carico di lavoro, che procede a rilento, e a catena aumentano anche le prescrizioni. Non intravedo soluzioni ma non è compito mio trovarle».
A tutto ciò si aggiunge lo sciopero dei magistrati onorari, che blocca centinaia di udienze. Si sentono traditi dal Governo: nessuna stabilizzazione.
«Hanno dato un grosso aiuto ma non entro nel merito delle decisioni del legislatore. Le loro competenze comunque sono state aumentate, forse serve più formazione».
Intanto però le cause che si prescrivono sono in aumento, e al 30 giugno 2016 i processi pendenti erano 43 mila in Tribunale e duemila in Appello.
«Più di quello che si sta facendo non si può. Servono altri magistrati e personale amministrativo. Spostamenti da altre sedi? No, la coperta è troppo corta. Si tappa una falla per aprirne altre. Spero che il ministro intervenga, farò il possibile per affrontare il problema».
A volte le nomine e gli spostamenti decisi dal Csm non sembrano andare incontro alla necessità di risolvere i problemi di Procure e Tribunali.
«Non mi permetto di giudicare, sono compiti che esulano dalla mia attività. Non posso sindacare decisioni e valutazioni che spettano ad altri. L'indipendenza della magistratura è il principio più bello: nessuno entra nella mia attività e nella mia capacità di valutazione. Io faccio altrettanto con gli altri».
Però si deve rispondere alla richiesta di giustizia dei cittadini. Ci sono urgenze nell'Isola?
«Ogni territorio ha la sua peculiarità, non mi pare vi siano grossi problemi in particolare. Ci sono difficoltà nelle notifiche degli atti giudiziari, quello sì, dovuti spesso al nostro territorio. Aspro, difficile da coprire soprattutto all'interno. A volte è complicato raggiungere i destinatari. E i tempi si dilatano, arriva la prescrizione...»
Raggiunge l'apice della magistratura sarda dopo 36 anni di carriera. Cosa è cambiato in lei?
«Mi sono occupata di sequestri di persona, delle faide di Oniferi e Benetutti, del processo ai brigatisti Petrella e Franceschini e dell'omicidio Turatello col boss camorrista Raffaele Cutolo. Ho lavorato al fianco dei giudici popolari. Mi sono arricchita».
Che effetto le fa poter decidere del destino delle persone?
«Il primo processo come giudice a latere riguardava un sequestro di persona. Percepivo la sofferenza di chi era in aula e soffrivo, pensavo di non essere capace. Nel tempo mi sono detta: non sono il Signore, eppure tolgo il padre al figlio, il marito alla moglie, il figlio ai genitori. La sofferenza è interiore, poi prevale il senso del dovere. La decisione arriva dopo aver valutato minuziosamente le carte. Quando si legge il dispositivo c'è un'emotività intensa, si colgono le emozioni di chi attende il verdetto: imputati, vittime, parenti. Poi si è sereni, perché si è fatto con coscienza ciò che si doveva».
È consapevole delle difficoltà che la attendono?
«Dirigere il Tribunale è una cosa, stare a capo del distretto è diverso. Servono impegno e responsabilità. Credo tanto nel concetto di giustizia come diritto, il diritto dei cittadini ad avere giustizia. Ce la metterò tutta. Altrimenti non sarei venuta qua».
Andrea Manunza