Rete ospedaliera, la riforma che rischia di far finire in anticipo la legislatura
Un totale di 5.901 posti letto (di cui 4.865 pubblici) spalmati in trentanove strutture di ricovero. Sono questi i macro numeri della riorganizzazione della rete ospedaliera, un ddl col quale l’assessore alla Sanità, Luigi Arru, ha ridisegnato la mappa dell’asssistenza medica in Sardegna. La Giunta di Francesco Pigliaru ha approvato il testo normativo il 28 luglio 2015, ma, passati due anni, il Consiglio regionale non l’ha ancora convertito in legge. Il problema è che si tratta di una riforma scivolosissima per via dei contrapposti interessi: da una parte le esigenze di risparmio della Regione, con la chiusura di quei reparti che non garantiscono le prestazioni minime imposte dalle stringenti regole nazionali; dall’altra le rivendicazioni dei territori, visto che negli anni la politica – locale e non – ha trasformato la sanità un gigantesco bacino elettorale. C’è quindi il rischio concreto che sul voto del ddl la legislatura finisca in anticipo.
Si possono individuare casi e questioni precise a supporto di questo epilogo, di cui nel palazzo di via Roma si parla ormai apertamente. Perché su alcuni singoli emendamenti che vanno a modificare il ddl della Giunta, potrebbe essere chiesto il voto segreto. Ciò significa far passare in Aula soluzioni non cordate nel centrosinistra. Il che si tradurrebbe in maggiori costi per la Regione, facendo saltare il piano risparmi da 134 milioni che sottende la riorganizzazione della stessa rete ospedaliera. Un piano che l’Esecutivo contava di avviare già nel triennio 2015-2018. È evidente che il traguardo temporale è perduto. Ma adesso la somma stessa potrebbe subire un ricalcolo al ribasso, generando risparmi troppo ridotti rispetto al disavanzo da tagliare, pari a 750 milioni.
Valgono una trentina di milioni di euro annui i mancati risparmi che potrebbero generarsi con le modifiche proposte dai consiglieri regionali di maggioranza al ddl della Giunta. Rappresentano appunto l’oggetto della contesa politica.
La partita più importante sotto il profilo del consenso elettorale riguarda gli ospedali di zona disagiata, a Bosa, Isili, Muravera, Sorgono e Tempio. Su queste cinque strutture sembra che la mediazione sia reggendo, mettendo nel conto un non risparmio di circa otto milioni per tenere aperti i reparti di chirurgia con i rispettivi organici (qui tutti i dettagli per singola struttura). E non sarebbero ammessi altri margini di manovra.
Raimondo Perra, il socialista che preside la commissione Sanità del Consiglio regionale, dice: “Le rivendicazioni di Bosa, Isili, Muravera, Sorgono e Tempio sembrano dettagli. Invece il mantenimento della chirurgia è una soluzione che riteniamo possa mettere d’accordo tutti”.
I restanti 22 milioni di potenziali mancati risparmi annui riguardano in larga parte la classificazione delle strutture sanitarie, fatta dalla Giunta secondo le direttive del decreto ministeriale 20/2015. Otto le categorie previste in Sardegna: hub (altamente specialistici); ospedali di secondo livello (bacino da 600 abitanti); ospedali di primo livello (150mila); presidi ospedalieri di base (80mila); stabilimento di presidio ospedaliero; ospedale di zona disagiata; ospedale delle isole minori; ospedale di comunità.
Questi i nodi. Per promuovere il Civile di Alghero e il Segni di Ozieri da ospedale di base a struttura di primo livello si sommerebbero cinque milioni annui di mancati risparmi. Per mantenere a Tempio ortopedia, pediatria e ostetricia la spesa sarebbe di 4,2 milioni. Per conservare il punto nascita del Paolo Merlo a La Maddalena, il conto è di 1,5 milioni. Per promuovere dal primo al secondo livello il San Francesco di Nuoro il costo è di 8 milioni, mentre per trasformare a Lanusei il Nostra Signora della Mercede da ospedale di base a struttura di primo livello la stima è di 1,6 milioni. Intorno a un milione e 300mila euro si aggira la non cancellazione della medicina e della chirurgia al Delogu di Ghilarza.
Su questi sei punti l’orientamento della commissione Sanità è bocciare tutte le proposte. Ma col voto segreto non si possono escludere sorprese. Quelle che potrebbero spingere Pigliaru alle dimissioni, dal momento che verrebbe meno il patto di fiducia con la maggioranza.
Senza il rispetto del Piano risparmi contenuto nel ddl, sarebbe in salita anche la strada della Asl unica Ats, voluta da Pigliaru per azzerare il passivo della sanità sarda. Il generale manager Fulvio Moirano l’ha ribadito lo scorso gennaio: “Senza rete ospedaliera gli obiettivo di risanamento sarebbero troppo ambizioni“. E Arru non si è mai stancato di ripetere che “bisogna mettere da parte gli egoismi e i campanilismi per imparare a condividere esperienze e a fare rete“.
Il dato politico positivo è che dopo due anni s’intravede la fine del confronto: nelle sedute di martedì 18 luglio e mercoledì 19 prossimi la commissione Sanità del Consiglio regionale dovrebbe approvare la versione corretta del ddl, la quale passerebbe poi al Cal (Organismo delle autonomie) per il parere obbligatorio da rimandare indietro entro 15 giorni. Se tutto filerà liscio, il ddl potrà arrivare in Aula prima delle vacanze di agosto anziché a settembre. Dando così una data certa alla resa dei conti finale.
Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)