Erriu: “Sulla nuova legge urbanistica falsi problemi, la tutela è massima”
È il disegno di legge che suscita le maggiori polemiche il Ddl 409, la nuova legge urbanistica: non piace né agli ambientalisti, né ad alcune forze del centrosinistra, né ad alcuni pezzi di Pd, che è lo stesso partito dell’assessore Cristiano Erriu che ha scritto e firmato i 113 articoli destinati a cancellare “oltre trecento norme in vigore dall’85 a oggi”, come lui tiene a spiegare. Con una ulteriore sottolineatura: “Il Ddl si chiama ‘Disciplina generale del governo del territorio’, perché mette insieme urbanistica, paesaggio, ambiente, profili idro-geologici e beni culturali, secondo un approccio innovativo e semplificativo allo stesso tempo”.
Assessore, ha finito di parare i colpi delle contestazioni?
No, non ho finito per il semplice fatto che la legge non è stata ancora approvata dal Consiglio regionale. Il dibattito continua, la discussione è aperta. E non può essere diversamente per un corpus normativo così importante.
Il Ddl fa sintesi di norme anche molto datate.
Sì, si tratta di testo unico col quale vogliamo dare certezze giuridiche nel governo del territorio. Ormai, vista la vastità delle norme in materia, è sempre più la giurisprudenza che decide cosa si può fare (o meno) nelle nostre città, nelle campagne e lungo le coste. Mi riferisco a Tar, Consiglio di Stato e Corte Costituzionale. C’era la necessità di una legge snella e che, al tempo stesso, garantisse il massimo della salvaguardia ambientale e paesaggistica.
Quella stessa che, stando agli oppositori del Ddl, sembra mancare nella fascia dei trecento metri dal mare. Voi dite che la costa sarà tutelata, perché non si potranno costruire nuovi edifici ma saranno concessi solo aumenti volumetrici non superiori al 25 per cento. Perché allora tanto rumore?
Su alcuni punti si è innescato un dibattito che, sotto il profilo giuridico, sembra falsato da un approccio conservativo rispetto alle norme esistenti. Il Ppr non solo non si tocca, ma laddove andrà aggiornato, si applicherà l’articolo 39 dello stesso Piano paesaggistico. Ovvero sarà necessaria una procedura di co-pianificazione col ministero dell’Ambiente. Così è previsto al comma 12 dell’articolo 43 del Ddl.
Torniamo alla fascia dei trecento metri dal mare: il 25 per cento di premio volumetrico vale molte cubature nel caso di grandi complessi turistici.
Sul punto il presidente Francesco Pigliaru ha già dato la disponibilità a correggere il Ddl inserendo e differenziando la percentuale di premio volumetrico in base alle dimensioni della struttura ricettiva. Lo spirito è dare la possibilità di riqualificare le strutture esistenti, spesso obsolete. Se la Sardegna vuole allungare la stagione turistica, deve migliorare l’offerta. Nella fascia dei trecento metri dal mare ci sono oggi 180 hotel che potrebbero usufruire di questa opportunità, a fronte dei 930 alberghi che si contano nell’Isola.
La nuova Consulta sarda dell’ambiente ha stimato un potenziale di 8 milioni di nuovi volumi lungo le coste.
Col premio volumetrico non abbiamo inventato nulla: per le strutture esistenti è già previsto dall’articolo 10 bis della 45, cioè l’attuale legge urbanistica in vigore dall’89 e che, a sua volta, ha recepito la Galasso dell’85, ovvero la norma nazionale che nella fascia dei trecento metri ha imposto l’inedificabilità assoluta. Un hotel già costruito e riammodernato non implica consumo di nuovo territorio. La realizzazione di una beauty farm in un albergo non danneggia l’ambiente, ma serve semmai a qualificare il patrimonio edilizio. Con la norma prevista nel Ddl si potrà, tra le altre cose, abbassare un’altezza o garantire le riconversione di un edificio con l’utilizzo di energie rinnovabili. Stiamo parlando di migliore funzionalità non di maggiori cubature. La tutela ambientale e paesaggistica non finisce impregiudicata: anche su questi piccoli interventi saranno la Regione e la Sovrintendenza a esercitare funzioni e poteri di controllo. Certamente il tema è delicato. Ma, ripeto, non va falsato.
L’eurodeputato del suo partito, Renato Soru, è andato giù pesante: ha detto che il Ddl “è uno sportello sempre aperto per bypassare il Ppr” e ha attribuito alla politica “un inaccettabile poteri di modifica” dello stesso Piano paesaggistico.
Non è così. Quando si fanno affermazioni di questo tipo, bisogna dimostrarle. Non c’è un solo articolo del Ddl che va contro il Ppr. E nessuno ha mai detto che la politica debba fare valutazioni tecniche sui progetti.
Sulla possibile ingerenza della politica, a parti invertite, la polemica sembra ripetersi: a Soru venne contestata, sul Ppr, l’introduzione dell’intesa tra Regione, Comune e parte privata.
Nemmeno i programmi e i progetti ecosostenibili, a cui è dedicato l’articolo 43 del Ddl e si tratta di una novità della legge, rappresentano uno sportello aperto e derogatorio. La stessa istruttoria implica procedure identiche a quelle del Ppr. E sono uguali anche i filtri di controllo, rappresentati pure dal Codice Urbani del 2004, a cui è ispirato il Piano paesaggistico. I programmi ecosostenibili prevedono anzi un passaggio in più, dato dalla discussione e dal confronto sociale sugli interventi possibili. Stiamo parlando di falsi problemi.
La nuova legge urbanistica cambia le regole anche per i Comuni.
Il primo obiettivo è ottenere l’adeguamento dei Puc (Piano urbanistici comunali) al Ppr, un processo rimasto al palo in gran parte dei Comuni costieri proprio per via della complessità della normativa vigente. Col Ddl semplifichiamo le procedure, per esempio ricongiungendo all’interno di un’unica conferenza di servizi i pareri autorizzativi. Si eviterà così il circolo vizioso del rimpallo tra enti. Il secondo obiettivo è la riduzione del consumo di territorio.
Avete previsto quattro nuovi macro ambiti: di salvaguardia, rurale, urbanizzato e quello potenzialmente trasformabile. Cominciamo dal primo.
Nell’ambito di salvaguardia, ambientale o paesaggista, saranno consentite solo manutenzioni straordinarie, restauri, ristrutturazioni o riqualificazioni dell’esistente. O l’assoluta inedificabilità nelle zone cosiddette H, di massima tutela appunto.
Nelle aree rurali sparisce il lotto minimo per costruire, attualmente fissato in tre ettari.
Verrà sostituito dal lotto funzionale in modo da incentivare nelle campagne gli scopi produttivi e non quelli residenziali. Facciamo un esempio: attualmente nelle zone agricole, classificate come E, si chiedono autorizzazioni edilizie per produzioni estensive come il grano o l’avena, che hanno una redditività di 500 euro per ogni dieci mila metri quadrati. Su tre ettari, vuol dire un reddito annuo di 1.500 euro. Si tratta evidentemente di una soglia troppo bassa che prova lo sfruttamento abitativo di un’area. Ecco: questo vogliamo evitarlo per sostenere, al contrario, la vocazione strategica delle campagne, ovvero la produzione di cibo. Abbiamo infatti fissato un tetto minimo di redditività a 15mila euro annui, prendendo a riferimento uno studio fatto dalla facoltà di Agraria dell’università di Sassari. Si tratta tuttavia di una soglia modificabile, anche tenendo conto degli ulteriori contributi che arriveranno dalle associazioni di categoria.
Ambito urbanizzato, che metterà insieme le zone A (centri storici), le B (di completamento) e le C (di espansione): lo spirito del Ddl qual è?
Ancora la riduzione del consumo di territorio puntando sulla riqualificazione delle abitazioni esistenti. Attualmente, in Sardegna, ci sono 300mila case vuote, tra vecchie e nuove. Le stesse urbanizzazioni nelle zone C potranno essere autorizzate solo con bando pubblico.
Il quarto ambito è quello potenzialmente trasformabile. Cosa prevede?
L’obiettivo è conservare il più possibile la destinazione urbanistica originaria. Troppe volte è accaduto che una zona E sia stata trasformata in C, ma poi non edificata. Quindi ritorniamo al punto iniziale dello spirito degli ambiti: dobbiamo sostenere il corretto utilizzo del territorio.
Il Ddl deve ancora superare la tagliola del Consiglio regionale che, sinora, non si è distinto per celerità: la riforma della rete ospedaliera, approvata dalla Giunta a luglio 2015, è ancora ferma in commissione Sanità. La legge urbanistica vedrà la luce prima della fine della legislatura?
Io me lo auguro. Per due motivi: col Ddl 409 andiamo a modificare, come detto, norme troppo vecchie. Alcune approvate quando il muro di Berlino era ancora bello dritto. Ma oggi la tutela ambientale, da sola, non basta più: dobbiamo parlare di governo del territorio, secondo un approccio molto più articolato e qualificato. Non solo: in questo quadro c’è la necessità di sostenere lo sviluppo ed è questo il campo ampio che siamo andati a regolamentare.