PREVIDENZA.
È polemica dopo le dichiarazioni del presidente dell'Istat
Pensione a 67 anni, la rabbia dei sindacati sardi I conti previdenziali non tornano e così «nel 2051 si dovrà andare in pensione a 70 anni». Parole pronunciate dal presidente dell'Istat Giorgio Alleva durante l'audizione in Parlamento e accolte dall'ira dei sindacati sardi, contrari a un innalzamento dell'età pensionabile deciso di pari passo all'aumento dell'aspettativa di vita. Sarebbero stati infatti proprio i report demografici dell'Istituto di Statistica a stabilire i prossimi requisiti per il raggiungimento della pensione: «66 anni e 7 mesi dal 2018, 67 anni a partire dal 2019, quindi 67 anni e 3 mesi dal 2021, per poi allungare la vita lavorativa dal 2023 con incrementi progressivi portando l'asticella a 69 anni e 9 mesi dal 2051».
I SINDACATI «Il ragionamento è viziato da un errore di fondo - controbatte Francesca Ticca, segretaria generale della Uil sarda - il prolungarsi dell'aspettativa di vita degli italiani non comporta necessariamente una maggiore produttività. Lavoratori ultrasessanticinquenni, al di là della maggiore esperienza e professionalità, non garantirebbero in certi casi la qualità della prestazione lavorativa bloccando contemporaneamente nuove assunzioni».
CONFRONTO Il numero uno della Cisl isolana, Ignazio Ganga, rivendica il ruolo delle parti sociali: «Non si potrà evitare un confronto con i sindacati su argomenti così delicati, le dichiarazioni di Alleva inoltre mi sorprendono, perché puntare su pensionati più vecchi significa gettare la spugna sulle politiche occupazionali che dovrebbero invece riequilibrare le casse dell'Inps partendo dalla ripresa dell'occupazione giovanile».
ASSURDITÀ Il segretario generale della Cgil Sardegna, Michele Carrus ribadisce: «Assurdo continuare a infierire sui lavoratori per logiche ragionieristiche. Nei due anni scorsi l'età media era diminuita, per il peggioramento delle condizioni di vita, a causa della povertà, dell'accesso più difficile a cure e servizi sociali, ma la soglia di ingresso alla pensione è rimasta ferma: ora che invece c'è un piccolo aumento della speranza di vita, si cerca subito di approfittarne per innalzarla. La Fornero ha prodotto guasti per tutti: non a caso ci son volute otto salvaguardie per gli esodati e ora l'invenzione dell'Ape».
USCITE FLESSIBILI La Cgil propone per questo un sistema d'uscita flessibile, basato sui contributi versati senza ulteriori penalizzazioni, con tutele per lavori gravosi, pensioni di garanzia per i giovani e un massimo di 41 anni d'anzianità contributiva. «Serve stabilità non manomissioni continue, le risorse le cerchino altrove, dagli evasori, dai grandi patrimoni finanziari e immobiliari, e non da chi paga sempre per tutti».
Luca Mascia