Raccolta e riutilizzo della posidonia, i brevetti delle imprese sarde sono fermi
Dai diamanti non nasce niente, dalle alghe nascono creme idratanti, land art , materiali per l'edilizia. Ma non in Sardegna. «Potremmo essere l'Isola delle foreste del mare, usarle come una risorsa dalle mille potenzialità, invece tutti hanno paura di toccarle, di osare, di innovare», dice l'imprenditrice Daniela Ducato.
IL DIBATTITO Dopo l'editoriale del direttore pubblicato sul giornale di domenica scorsa - «... rimuoverle senza il rispetto di un rigido e costoso copione corrisponde a un avviso di garanzia» - il dibattito è aperto. Anche e soprattutto perché questa, è una stagione tragica. Mareggiate, siccità e scirocco hanno portato sulle spiagge tonnellate di posidonia. Certo, significa che il mare è pulito, che i litorali sono sani, che l'erosione frena, ma il troppo storpia, gli arenili devono essere puliti, frequentabili, attraenti per i turisti. I Comuni spendono un sacco di soldi per spostare i banchi, fare cumuli, rimettere le cose a posto a fine stagione, oppure per smaltire i “rifiuti speciali” che marciscono, e il fatto è che una serie di progetti che potrebbero dare nuova vita alle alghe sono fermi, paralizzati per il timore degli amministratori di infrangere le leggi.
LE INIZIATIVE «Eppure da parte del ministero dell'Ambiente non ci sono chiusure precostituite», spiega Ducato, «infatti in Sicilia, ad esempio, alle Egadi, esiste una start up che sta facendo cosmetici con le foglie spiaggiate, grazie a un accordo con l'Area marina protetta e l'Università. Noi non riusciamo a uscire dalla rigidità delle ordinanze, a fare un tavolo con tutti gli attori e trovare soluzioni. Basterebbe una linea guida, un indirizzo, buon senso, incontrarsi».
I BREVETTI Fedeli ai principi sull'eccedenza che deve diventare eccellenza, sul ricucire la terra strappata, risanare il mare inquinato, ripulire l'aria malata, rigenerare il suolo sfruttato, le aziende che ruotano intorno ai progetti della pluripremiata imprenditrice green , Geolana e Edimare, hanno i brevetti per sviluppare produzioni che potrebbero partire pure domani. «Uno, prevede di lasciare la posidonia dov'è, ma evitando tutti problemi che allontanano la gente dalla spiaggia, odori, insetti, difficoltà a fare il bagno», prosegue Ducato, «in sostanza, “costruendo” piccole coperture sulla sabbia. L'altro brevetto riguarda invece un'alternativa allo smaltimento delle palle di mare - quando c'è una quantità tale per cui è impossibile tenerle lì - con la riconversione in materiali bio».
LA BUROCRAZIA Dice: «Soltanto per fare la sperimentazione, nel 2013, abbiamo dovuto chiedere autorizzazioni che hanno fatto 80 chili di carte, sul serio, poi a parole c'è la buona volontà di tutti ma i Comuni sono spaventati e tante infinite conferenze di servizi hanno portato agli esiti più disparati. Insomma, nulla si muove. Se entro l'autunno non riusciremo a ottenere risultati positivi, venderemo i brevetti all'estero».
IL RIUTILIZZO La cooperativa Acanthus di Olmedo, formata da agronomi, biologi e naturalisti, ha messo a punto - in collaborazione con l'Università di Sassari, Coldiretti e Sardegna Ricerche - una macchina che consente di prendere la posidonia in eccesso senza portare via neppure un granello di sabbia dalle spiagge. «Si tratta di un sistema di raccolta e separazione meccanizzata che permette una gestione sostenibile degli arenili. Di solito, per ogni chilo di alghe vengono asportati anche 700 grammi di sabbia», spiega il direttore generale, Vittorio Cadau. «Il prototipo è stato presentato a Helsinki, al salone Slush, e ha riscosso un enorme interesse. Il brevetto europeo lo abbiamo ottenuto alcuni mesi fa, e ora siamo pronti a far decollare la seconda fase, quella del riutilizzo del materiale come substrato per le coltivazioni orticole. Stiamo per concludere un accordo con Ecoserdiana, che ha le piattaforme per lo stoccaggio e la trasformazione, poi ci proporremo ai Comuni, il sistema porterebbe a un risparmio notevole. L'obiettivo è avviare un processo virtuoso, crediamo nel concetto di rete per portare ricchezza ai territori e occupazione».
Cristina Cossu