Gli enti dell’isola hanno applicato correttamente le norme della riforma contabile Cancellato un miliardo tra crediti e debiti fasulli, dubbio il destino di 867 milioni
di Mauro Lissia
CAGLIARI. Sorpresa: quando si tratta di elaborare il bilancio, i comuni della Sardegna sono molto più rigorosi di quelli della penisola. Non solo: finora sono stati i più bravi ad applicare le norme contenute nella riforma della contabilità pubblica, nata nel 2009 ed entrata in vigore il primo gennaio del 2015. A stabilirlo non è una qualsiasi società di revisione ma la sezione di controllo della Corte dei Conti, la massima autorità pubblica in materia di verifiche contabili. E’ tutto scritto nelle 67 pagine della relazione approvata lo scorso 17 maggio dopo la camera di consiglio coordinata dal presidente relatore Francesco Petronio: dall’esame condotto sui bilanci di 218 comuni sardi emergono criticità ma soprattutto un’apprezzabile attenzione a ripristinare, come prescrivono le nuove norme, il rapporto corretto tra crediti e debiti, indicando nel bilancio quelli che esistono e sono giuridicamente esigibili per cancellare gli altri. In altre parole la gran parte dei comuni sardi monitorati dalla sezione di controllo ha ripulito i bilanci da crediti e debiti fasulli e si è presentata all’appuntamento-scadenza del gennaio 2015 con i conti non proprio in ordine ma quasi, mostrando di aver applicato correttamente i nuovi criteri per l’armonizzazione contabile.
Un passo indietro per capire. L’11 novembre 2016 un esercito di 250 sindaci aveva marciato pacificamente per le vie di Cagliari verso la Regione, l’obbiettivo era chiedere alla giunta Pigliaru un intervento forte sul governo perché rivedesse alcune norme della riforma considerate paralizzanti per la spesa degli enti territoriali. In particolare veniva contestato l’obbligo di rispettare gli impegni di spesa riferiti ad ogni esercizio, pena il trasferimento delle somme rimaste in cassa su un fondo vincolato, una sorta di purgatorio finanziario. La protesta lasciava intendere che le contabilità comunali fossero in stato confusionale proprio a causa del rigore imposto dalla riforma, la relazione della Corte dei Conti ha messo in luce il contrario: «La situazione degli enti della Sardegna - scrive il giudice Petronio - si è dimostrata nel complesso meno critica, specie nel confronto coi dati nazionali». I comuni sardi sembrano inoltre aver fatto ricorso meno degli altri alle furberie dell’ingegneria contabile: «I comportamenti seguiti - scrive il magistrato – sembrano nel complesso maggiormente aderenti ai principii della riforma e sono meno frequenti i casi che lasciano intravvedere un’attuazione elusiva delle nuove regole, rivolta a far permanere zone di opacità nella rappresentazione contabile». La conferma è nei numeri: il riaccertamento dei crediti e dei debiti - che nel bilancio vengono postati come residui attivi e passivi - ha comportato generalmente un riequilibrio del bilancio, ma soltanto in 20 comuni (il 9 per cento del totale) ha provocato un extra-deficit, vale a dire un peggioramento dei conti. La percentuale media in Italia è stata del 19 per cento: significa che nella penisola molti più bilanci erano mascherati o appesantiti da crediti ormai inesigibili e quindi perduti, oppure da debiti scaduti. Questo nonostante in Sardegna le forbici dei contabili comunali abbiano lavorato alacremente: i crediti cancellati dai bilanci nel 2014 ammontano a 500,67 milioni di euro e i debiti a 531,49 milioni. Mentre le somme reimputate, cioè postate sull’esercizio di bilancio corretto, vanno oltre i 680 milioni. Il giudice Petronio osserva come i crediti pregressi restino alti: 867 milioni. Come dire che a fronte di una drastica cancellazione dei debiti i comuni hanno cercato di non indebolire troppo le partite attive per non andare in rosso. «Peraltro - è scritto nella relazione - la maggiore concentrazione di enti in disavanzo si registra nelle classi di popolazione più elevate, mentre nei comuni più piccoli della prima fascia si nota un’incidenza decisamente ridotta». Non solo rose, però: l’indagine ha messo in evidenza «indizi di una scorretta applicazione delle nuove regole». Come dire «casi in cui si registrano percentuali minime o troppo elevate di cancellazioni sia sul lato attivo che passivo, reimputazioni nulle o irrisorie oppure eccessive, presenza di notevoli squilibri tra l’attivo e il passivo reimputato». Su questi aspetti la Corte dei Conti interverrà per aiutare i comuni e per chiedere più rigore, in vista nella nuova attività di controllo già programmata sui bilanci degli anni successivi.