Azizou e i suoi fratelli tra mancata integrazione e convivenza difficile Il flop dell'accoglienza In città 500 migranti senza lavoro né prospettive
Che il sistema dell'accoglienza così com'è non funzioni ormai l'hanno capito tutti, ma basta parlare qualche minuto con Azizou per averne la conferma. Lui è una montagna di muscoli, ha 30 anni e viene dal Togo, eppure ogni mattina se ne sta a ciondolare in piazza del Carmine senza fare nulla, come altre decine di africani sbarcati in questi mesi a Cagliari dalle navi delle Ong.
Ospite del centro di accoglienza di Monastir, in tre mesi non ha ancora imparato una sola parola d'italiano. «Mi piace la Sardegna - spiega in francese -, vorrei trovare un lavoro qui e fare venire anche mia moglie che è rimasta in Africa. Ma non so come fare». Dice di essere dell' Alliance nationale pour le changement , la principale forza di opposizione al regime dittatoriale del suo Paese, e di non aver avuto altra scelta che la fuga: «Se fossi rimasto mi avrebbero ucciso», aggiunge prima di mostrarci la foto della sua unica figlia, morta a 5 anni per un problema cardiaco.
I NUMERI Azizou è uno dei migranti in attesa del riconoscimento dello status di rifugiati che in città sono arrivati ormai a quota 500 (2600 in provincia), ospiti prevalentemente nell'ex motel Agip di Pirri e nell'hotel Quattro Mori. Proprio piazza del Carmine è uno dei loro punti di ritrovo: dal pomeriggio quasi la occupano per intero e sono tutti uomini, mentre di donne, che pure rappresentano il 30% dei profughi, non se ne vede neanche una. «Ne abbiamo contato anche settanta - spiegano dal bar all'angolo con viale Trieste -, vengono qui perché c'è la wi-fi gratuita, infatti sono quasi sempre chini sui telefonini. Non abbiamo nulla contro di loro, però il degrado è ormai evidente: sino a qualche tempo fa nel pomeriggio la piazza era piena di bambini della vicina scuola, ora non se ne vede più uno». Maura Cotza, che lavora nel bar davanti alla piazza, si dice «molto contenta» del flop della manifestazione anti clandestini organizzata l'altro ieri dal Movimento sociale sardo a cui erano presenti non più di 70 persone. «Trovo spregevole cavalcare questo allarmismo - dice -, io lavoro qui da anni e non mi hanno creato mai alcun problema, al contrario del gruppetto di sardi e italiani (alcuni tossicodipendenti senza fissa dimora ndr ) che sta in un angolo della piazza, quelli sì che sono molesti». «I migranti al limite ti chiedono l'elemosina - conferma Giuseppe Neri, dell'omonimo negozio di antiquariato -, ma non sono loro ad aver ad esempio trasformato il cortile in vico Malta, davanti all'ex ufficio pacchi delle Poste, in una latrina dove succede di tutto, un'indecenza a cui nessuno vuole porre rimedio».
CONVIVENZA DIFFICILE Limou e Moustapha vengono dal Gambia e dal Senegal. Anche loro sono arrivati sui barconi dalla Libia e ora se ne stanno in una delle panchine lato porto di via Roma, altro luogo di ritrovo dei rifugiati venuti dal mare. «Cosa ci aspettiamo dal futuro? Se avremo i documenti forse andremo via per trovare un lavoro - spiegano in un italiano stentatissimo -, ma ci piacerebbe stare anche qui, è un bel posto e i sardi sono cortesi». Giusy, titolare del Daisy Bar sotto i portici, racconta della difficile convivenza: «Non si deve fare di tutta un'erba un fascio ma alcuni di loro non capiscono che certe cose non le possono fare, come chiedere soldi continuamente ai clienti ai tavolini o pretendere di usare i bagni». In viale Buoncammino, altra base dei migranti, c'è il chiosco Il Piccolo Ristoro: «Stanno seduti sulle panchine a non fare nulla - spiega Matteo -, oppure vanno su e giù cercando a terra soldi o cose di valore smarrite. Non creano problemi particolari ma non capisco perché non li mettano a lavorare, sono giovani e in forze». Alle 11 il viale è quasi deserto. Azizou e gli altri sono tutti scesi verso via Ospedale e via Santa Margherita, dove si improvvisano parcheggiatori abusivi facendo infuriare gli automobilisti. È l'unico lavoro che hanno trovato qua. E la chiamano accoglienza.
Massimo Ledda