Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Leggendo Metropolitano

Fonte: L'Unione Sarda
8 giugno 2017

Leggendo Metropolitano Il sociologo questa sera alle 20 al Teatro Civico di Castello De Kerckhove: «Il futuro?
La mente connessa al web»

 

C he cos'è l'inconscio digitale ? La rete è davvero condivisione come si dice, o un pozzo senza fondo in cui si mescolano milioni di informazioni che ognuno può usare a piacere disponendo così di un magazzino infinito di notizi? Quali sono i benefici che possono derivare da questa condivisione, quali i rischi e i pericoli della trasparenza online? Ma poi, c'è davvero trasparenza nella rete?
Derrick de Kerckhove, sociologo belga allievo di Marshall McLuhan, docente all'università di Toronto e all'Università di Napoli, specializzato sulle ricadute neuro sociali e le modificazioni antropologiche determinate dall'introduzione delle tecnologie, ne parlerà oggi a Cagliari al Festival Leggendo Metropolitano.
La tecnologia che ha trasformato radicalmente il sistema conoscitivo e informativo, è davvero colpevole di misfatti come violazione della privacy?
«Siamo all'inizio di un cambiamento radicale dell'essere umano, lungo e profondo che riguarda non solo la privacy, ma anche la nostra identità, per via della trasparenza crescente affidata a tanti sistemi di tracciabilità. Questa trasparenza, alla quale nessuno può sottrarsi, cambia le condizioni dell'identità, dando accesso all'intero sistema dei nostri sentimenti, del nostro stato di salute e di tutte nostre attività online e off-line. Il cambiamento, che interessa tutta la società, cambia pure le condizioni dei processi politici a tutti i livelli».
In che senso?
«Per la prima volta, nella storia della politica occidentale si dovranno fare dei controlli di trasparenza tra dirigenti direttamente responsabili, e questa responsabilità sarà condizione sine qua non circa il funzionamento della politica. Stiamo attraversando una sorta di Rinascimento molto veloce, folgorante, ma non siamo ancora pronti per capire che a causa della trasparenza sta crescendo una nuova etica».
Quale?
«Come prima del Rinascimento, l'etica feudale e comunitaria del mondo medievale ha dovuto cedere a un'etica molto individualista, e al momento ci stiamo avvicinando a un'etica che è molto vicina alle associazioni, ai gruppi di rete e alla comunità. I diritti individuali non spariscono ma sono sottomessi ai diritti dei gruppi, pure loro sottomessi a diritti generali, mentre l'apparire del concetto di Reputation Capital segnala il fatto che ritorniamo alla cultura della vergogna lasciando da parte quella della colpevolezza».
Quali i pericoli?
«Il pericolo principale e probabilmente inevitabile, è di perdere molti valori del passato. Per esempio quelli dell'individuo colto, profondo, personalizzato che aveva una forte coscienza di sé. Poi il potere sul linguaggio: e questo è grave e inarrestabile. C'è pure un pericolo di fascismo elettronico se lasciamo che il potere possa fare ciò che vuole conoscendo tutto di noi: una possibilità che dobbiamo valutare a livello di pericolo grave. Ma c'è anche una tendenza a rispondere alle forme di tracciabilità. Penso che la prossima generazione dei motori di ricerca per interagire con la rete, dovranno proteggere i dati individuali».
Quali evoluzioni tecnologiche ancora si prospettano a breve?
«Una delle cose che posso prevedere adesso è l'arrivo della connessione diretta tra la mente e la rete. E questo vuol dire che invece di pensare unicamente dentro la testa, penseremo con l'occhio verso lo schermo, quel tipo di interfaccia che dà la possibilità di pensare e di vedere la conseguenza del pensiero sullo schermo. Un sistema esiste già e ci sono tre o quattro imprese che perfezionano i piccoli apparecchi non più grandi delle cuffie per ascoltare la radio. L'uso è semplice: si mettono le cuffie in testa, si pensa qualcosa e si vede un'animazione sullo schermo».
La connessione continua può creare scompensi?
«Sì, nel senso che dobbiamo adattarci a una sensibilità nuova, però non si sa bene ancora come troverà un equilibrio. La cosa importante sarebbe riconsiderare i diritti individuali e quelli dello Stato che si occupa dei servizi».
Francesco Mannoni