La presidente del Parco Lalla Pulga: «Il piano è stato avviato, sono in corso gli espropri»
C'è un progetto di riqualificazione ma è bloccato da sei anni
Katiuscia e Agnes, biondissime polacche, tirano fuori la macchina fotografica con prudenza. Incredule, temono che la scena che hanno davanti possa svanire da un momento all'altro per colpa di un movimento brusco. A pochi metri da loro due fenicotteri si inseguono forse corteggiandosi, spiegano le ali e danzano sull'acqua immobile e rossiccia della salina che come uno specchio riflette la sagoma della Sella del Diavolo. Poco più in là altri esemplari grattano il fondo con le zampe tenendo il becco immerso per catturare l'artemia salina , il piccolo gamberetto che conferisce al loro piumaggio il caratteristico colore rosa.
«Uno spettacolo unico», dicono piene di meraviglia. Per arrivare sin qui, all'interno del parco di Molentargius, un paradiso circondato dagli abitati di Cagliari e Quartu in cui cielo e acqua sono un tutt'uno, hanno dovuto però sudare le proverbiali sette camice. E non solo per il caldo già estivo. «Questo luogo è stupefacente ma trovarlo è stato un problema, non ci sono indicazioni sufficienti. Google map ci ha fatto fare dei giri incredibili. E anche la cartellonistica interna lascia il tempo che trova. Perché non lo valorizzate di più»? Una domanda che chi frequenta abitualmente il parco si pone ogni volta che ci mette piede, pur non potendone più fare a meno perché Molentargius - i suoi paesaggi unici - creano dipendenza. Così è per Manuel Careddu, che ci viene a correre tutti i giorni. «Si guardi attorno e mi dica se le sembra un'oasi naturalistica - sbotta -, è tutto abbandonato ed è così ormai da anni».
LE SALINE ABBANDONATE Poi con la mano indica le saline dove da 24 anni migliaia di fenicotteri vengono a nidificare. Le idrovore che pompano acqua di mare a getto continuo garantendo la sopravvivenza dell'ecosistema sono sempre in funzione e la manutenzione del sistema idrico assorbe quasi per intero il milione e mezzo di euro che la Regione dà ogni anno all'ente parco istituito nel 1999. La produzione di sale da parte dei Monopoli di Stato è però cessata da decenni e l'ultimo raccolto è stato fatto nel 2003: 300mila tonnellate. Poi più nulla. C'era da risolvere il problema dell'inquinamento, perché a Molentargius scaricano tutti i canali della zona. Le bonifiche sono costate 120 miliardi di lire e l'emergenza è stata risolta. Da 14 anni il sale resta però lì sul fondo e oggi - soprattutto dopo che le saline Conti Vecchi a Santa Gilla sono state aperte ai turisti diventando un luogo simbolo di sviluppo industriale sostenibile grazie all'accordo tra Eni e Fai - tanto spreco appare ancora più imperdonabile.
LA RIQUALIFICAZIONE Vincenzo Tiana conosce Molentargius come le sue tasche. Una vita in Legambiente, è il responsabile dell'associazione che gestisce il centro di educazione ambientale visitato ogni anno da migliaia di studenti anche stranieri. «La salina - spiega - è il simbolo della green economy perché funziona col sole, col mare e col vento. Per questo la riattivazione del ciclo di produzione del sale è una tappa obbligata se vogliamo valorizzare Molentargius». I soldi, tra l'altro, ci sarebbero pure: 15 milioni di euro stanziati dalla Regione con l'accordo di programma del 2011. Ma in sei anni tutto è rimasto com'era. «In realtà il piano di riqualificazione è avviato - garantisce la presidente dell'ente parco Lalla Pulga - e sono già in corso i procedimenti di esproprio da parte dei Comuni di Cagliari e Quartu». A vincere è stato il progetto che porta l'illustre firma dell'architetto paesaggista Joao Nunes. «Verranno sottratte al degrado le zone incolte dove saranno impiantati oliveti e mandorleti - aggiunge Pulga -. Ed è prevista anche la riattivazione di parte delle saline originali che saranno riportate alla produzione anche se non a livello industriale perché qui siamo in una zona a tutela integrale. Di certo noi vogliamo migliorare il parco e renderlo anche più fruibile realizzando, compatibilmente con i vincoli, anche qualche punto di ristoro».
LA CITTADELLA DEL SALE Le vecchie saline realizzate nel 1923 hanno inoltre lasciato in dote un patrimonio immobiliare di enorme valore storico passato qualche mese fa dai Monopoli alla Regione: la cosiddetta “cittadella del sale”, un piccolo borgo fuori dal tempo formato dalle case dei salinieri, dalle palazzine in stile liberty, dalle antiche officine e dalla centrale elettrica. «Un esempio di archeologia industriale che probabilmente non ha eguali nel mondo e che è nostra intenzione valorizzare», assicura l'assessore regionale Cristiano Erriu che frena però sui tempi: «Sono ancora necessari approfondimenti con tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti, anche perché alcuni edifici sono ancora abitati da chi lavorava nelle saline. Cosa ci faremo? Pensiamo a spazi che completino i percorsi di fruizione del parco, che ospitino attività culturali ed espositive. E credo che una valorizzazione ambientale integrata sia del tutto compatibile anche con la ripresa della produzione delle saline».
IL SUPER PARCO La strada da percorrere in parte è stata tracciata dalla delibera per l'istituzione del super parco che - chissà quando - unirà Molentargius a Santa Gilla e alla Sella del Diavolo: un'area naturalistica da 7.500 ettari complessivi che non ha rivali in Italia. Intanto però c'è da occuparsi della manutenzione quotidiana. «Ogni giorno c'è un impegno enorme contro le discariche abusive, il vandalismo e gli incendi - aggiunge Tiana -. Il corpo Forestale, che ha una stazione dedicata, lavora 24 ore su 24. Questa è un'oasi unica al mondo anche perché è circondata e assediata dalle città. Si fa tanto ma si può fare molto di più. Il canale di Terramaini ad esempio ha bisogno di urgenti bonifiche e c'è da fare la messa in sicurezza idraulica soprattutto sul versante di Quartu, oltre che la manutenzione degli argini che per due chilometri sono danneggiati». Sono passati 24 anni da quando - tra la sorpresa degli scienziati - i fenicotteri si sono fermati per la prima volta in questo paradiso per nidificare. Da allora non l'hanno più lasciato e anzi sono tornati sempre più numerosi. «Per vedere spettacoli simili devi arrivare sino in Africa», chiosa Tiana. Restiamo qui, invece. E facciamo in modo che non se ne vadano mai.
Massimo Ledda