Cagliari: inaugurata l'esposizione internazionale
« T ears are the chewing-gum of Naples, le lacrime sono il chewing-gum del popolo napoletano', m'aveva detto Jimmy un giorno. E Jimmy non sapeva che se le lacrime fossero il chewing-gum non soltanto dei napoletani, ma anche del popolo americano, l'America sarebbe veramente un grande e felice paese, un grande paese umano». Curzio Malaparte, ne “La pelle”, non indulge. Eppure le Americhe rappresentate nella mostra #2 Americas, inaugurata ieri all'Exmà di Cagliari, curata da Simona Campus in collaborazione col collezionista nuorese Antonio Manca, appaiono come uno spaccato di quel potenziale «grande paese umano».
SGUARDI Perché molto umani sono gli artisti usciti dalla collezione Manca. Così tanto da far dimenticare le immagini di Tramp nel suo grand tour italiano culminato, ieri, a Taormina per i lavori mondiali. I lavori di questa mostra, aperta fino al 25 giugno, hanno anch'essi qualcosa di mondiale. Perché umani, troppo umani. Sono Sguardi sul mondo attuale che partono dalla fine degli anni '60 e attraversano un continente intero, dal Canada al Messico, dagli Stati Uniti a Cuba. In un allestimento, curato da Salvatore Campus, per successive quinte bianche con trafori bordati di blu elettrico - come le foglie di “As far as the eye can see”, immagine mostra di Sandy Skoglund - sono evocate morbide atmosfere intimiste coi nudi femminili di Susan Paulsen o sinistri interni privati, con attori prestati a scatti smitizzanti, come Gwyneth Paltrow in castigata biancheria intima (Gregory Crewdson); il movimento hippie, col raduno post-Woodstock per il concerto dei Rolling Stones ad Altamont (Bill Owens) e la sequenza, da una performance, un braccio carbonizzato con la cassa vuota dell'orologio (Andres Serrano), le plastiche facciali di David LaChapelle e Cindy Sherman.
MONDIALE Ma c'è un tema, un lavoro mondiale sempre più urgente, che a stento sta dentro un'immagine, ma che un'immagine sola, di quella forza, è in grado di rappresentare in tutta la sua drammaticità e attualità. Quel ritratto di donna con un occhio livido e uno rosso di sangue, quella donna coi cappelli ricci ordinati, gli orecchini e la collana di perle, la tenda sintetica dietro, è Nan Goldin, fotografa statunitense che nel 1984 porta alla ribalta se stessa un mese dopo essere stata picchiata dal compagno. Quella foto sembra fatta oggi, adesso, domani.
VITA INTIMA All'inizio degli anni '80 la Goldin era già su quella declinazione della fotografia che Charlotte Cotton definisce «vita intima»: famiglie e amici nelle fasi della vita, fra diffusione dell'Hiv e dipendenze, fra amori impossibili e tenerezza fra amanti, fra nascite e morti. Ci sono altri scatti, tratti da “The ballad of sexual dependency”, libro della Goldin che la curatrice definisce «diario intimo d'amore e perdizione contro il perbenismo della middle-class americana». Questa linea femminile, attraversa idealmente anche i paesaggi di Catherine Opie, si declina in un'immagine, sempre di Nan Goldin, di Stromboli che ricorda la Bergman dell'omonimo film, si fa scabrosa con Cindy Sherman, che racconta l'ossessione per la vecchiaia e per il silicone, si fa ironica con un ritratto di una Marina Abramovic inedita, in tuta da danza. È un filo rosso femminile che Serrano chiude con una donna-madonna che piange sangue. In consultazione ci sono cataloghi e un libro d'artista, da sfogliare previa autorizzazione, di LaChapelle. Si possono portare libri da mettere a disposizione, guadagnandosi l'accesso gratuito come prestatori per tutta la durata di #2Americas.
Raffaella Venturi