È frenato dall'accessibilità nelle strutture mentre il business cresce ovunque Anziani e disabili, il turismo
che in Sardegna non decolla In Europa gli over 65 superano i 128 milioni. Gli italiani sono poco più del 13 per cento di questa fetta importante di popolazione, peraltro in continua crescita stando alle statistiche. A questi, solo nel nostro Paese, si aggiungono 5 milioni di disabili - con gli accompagnatori il numero va raddoppiato - che rappresenterebbero evidentemente una possibilità in più per l'economia legata al turismo. E che in Sardegna, questo vale un po' meno anche nella Penisola, non si è in grado di intercettare se non in maniera del tutto irrilevante.
STAGIONE LUNGA Eppure, a sentire politici e operatori del settore occorrerebbe fare qualcosa per i cosiddetti periodi di spalla, cioè per allungare la stagione. Ma come? «Nello scorso mese di ottobre - dice Paolo Manca, presidente di Federalberghi regionale - abbiamo organizzato un convegno sull'argomento. Partendo da un presupposto: c'è un problema di accessibilità che va risolto. Le norme italiane, che non hanno riscontri altrove tanto sono superate, si limitano all'obbligo di due camere per disabili ogni 40. Chiaro che sono insufficienti. E lo sono a maggior ragione quando vediamo l'insieme delle barriere, a cominciare dalle spiagge e finendo nelle piscine. Tutti gli ambienti e i servizi devono essere fruibili da chiunque».
IN RITARDO Non è mai troppo tardi. «Siamo molto indietro - prosegue Manca - è una questione culturale che richiede continue sollecitazioni ma la mentalità, almeno così mi sembra di notare, sta cambiando. Io sono fiducioso. Però dovremo mettere in campo progetti pratici per far comprendere l'importanza di cambiare rotta. A Jesolo, l'idea della spiaggia etica e solidale è stata un successo. Perché non ripeterla anche qui in Sardegna?». Per intendersi, nella cittadina balneare veneta, il Comune da qualche anno ha inaugurato un interessante percorso per facilitare la fruibilità di mare e arenile. Con le donazioni di alberghi e ristoranti, dei rispettivi clienti e di cittadini generosi, la spiaggia è stata dotata di alcune job chair (la carrozzina che permette ai disabili di fare il bagno) e di defibrillatori.
SENSIBILITÀ «In effetti - spiega Roberto Vitali, della “Village for all” di Ferrara, azienda che si occupa di progettazione dell'accessibilità nelle strutture ricettive - le difficoltà sono degli operatori. In un mercato che pretende gli stessi servizi di qualità e tu non li offri è chiaro che ti stai escludendo. Io, che sono costretto su una sedia a rotelle da quando avevo 15 anni, avrei mille motivi per venire in Sardegna. Il mare, il carasau, la bottarga, il mercato del pesce di San Benedetto mi fanno morire. Però scelgo altre soluzioni che mi permettono di vivere la mia vacanza in maniera più serena». Appunto. Non è un caso che sul sito dell'azienda non ci siano alberghi o resort dell'Isola. Esattamente come su www.disabili.net. È grave.
FATTURATI «È stupefacente - aggiunge Vitali - che nel nostro Paese, dove vivono circa 5 milioni di persone con disabilità, che con i loro accompagnatori quasi raddoppiano, nessuno se ne preoccupi. Soprattutto gli imprenditori che, con un target del genere, potrebbero far crescere, anche di molto, il loro fatturato. Nel corso della mia esperienza professionale posso assicurarle che le strutture accessibili, grazie ad adeguate politiche di marketing, crescono di anno in anno con percentuali a doppia cifra». Invece, la gran parte di ristoratori e albergatori continua a guardare anziani e disabili come turisti di serie B, mentre si impegna allo spasimo - pure giustamente - per offrire di tutto e di più ai giovani che arrivano tra luglio, agosto e settembre.
PREGIUDIZI «Sono pregiudizi che noi stiamo cercando di combattere», dice Roberto Pili, medico, presidente dell'Osservatorio mondiale della longevità, che da tempo studia e promuove stili di vita e abitudini per una vecchiaia dignitosa. «Non si riesce ancora a capire che intercettare e governare i flussi turistici di anziani e disabili significa creare ricchezza e diffondere benessere. Mi spiego: un euro investito in qualità della vita, quindi in prevenzione, ne fa risparmiare quattro al sistema sanitario pubblico e ne fa guadagnare altrettanti se non di più, tra diretto e indotto, a chi si occupa di ricettività. Sono quelli che io definisco dividendi. E non sono certo da trascurare».
L'IDEA Il medico poi aggiunge: «Ho sempre pensato che in Sardegna andrebbe incentivato il cosiddetto turismo sanitario. Bisogna prendere coscienza che ogni anno si formano decine di laureati in scienze motorie, dietologi, operatori alberghieri che possono trovare in queste tipologie turistiche un naturale sbocco lavorativo. Esiste quindi una concreta possibilità di trasformare l'Isola in un centro benessere europeo. La Regione ha il dovere di governare fruibilità, accessibilità, elaborando strategie non a compartimenti stagno ma per funzioni tematiche che possano amalgamarsi».
Vito Fiori