Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Paolo Racugno ha 100 anni Vita e trionfi del più grande atleta sardo

Fonte: L'Unione Sarda
8 maggio 2017

Ha conquistato mille successi e ha partecipato alle Olimpiadi del '56

Paolo Racugno ha 100 anni Vita e trionfi del più grande atleta sardo

Un'esperienza «da dimenticare» come produttore cinematografo in India, nella quale venne coinvolto da un assistente di Rossellini, un incontro ravvicinato con gli squali in Messico, una cena a Buckingham Palace con la regina Elisabetta. Ma, soprattutto, un migliaio di concorsi vinti in sella a un cavallo (l'ultima ai campionati sardi, conquistata all'età di 72 anni) e il sogno realizzato di vivere un'Olimpiade, quella del 1956 che per gli sport equestri si svolse a Stoccolma.
Paolo Racugno, 100 anni compiuti ieri, è un'autentica leggenda dello sport. Parlare con lui è come fare un viaggio in un mare di ricordi in cui trova spazio anche qualche fantasia per il futuro. Mentre si prepara ad accogliere i corridori del Giro d'Italia sul traguardo di via Roma a Cagliari, il primo ricordo che affiora è legato a una delusione. «Con Paolo Angioni», oro ai Giochi di Tokyo '64, «volevamo creare a Cagliari una nuova Pinerolo, un Centro di specializzazione dei cavalli sardi dove avremmo svolto la preparazione per fantini e cavalieri. Poi, per vari problemi, non se ne fece più nulla. Peccato, perché se il progetto fosse andato in porto, oggi lo sport equestre nell'Isola vivrebbe un maggiore vigore».
Da un sogno non realizzato a un altro che, a 100 anni, vorrebbe realizzare. Spesso, infatti, si ritrova a fantasticare sulla possibilità di tornare in sella. «Non ho perso la speranza di tornare a farlo».
Ci sta pensando davvero?
«Sì, perché a cavallo, e in generale grazie allo sport, ho trovato la felicità».
Ha partecipato come riserva alle Olimpiadi di Stoccolma 1956: un successo o un rammarico per lei?
«Tutte e due le cose. Fui scelto come riserva della squadra. Una riserva felice, però, perché ero riuscito a dimostrare che potevo arrivare a un'Olimpiade».
E il rammarico?
«La squadra in origine era composta da Capuzzo, Molinari e me. All'ultimo momento arrivò Giancarlo Gutierrez che, montando il mio cavallo, Winston, un purosangue che saltava anche le case, arrivò settimo».
Non ci sono solo i cavalli nella sua storia sportiva.
«Da giovane sono stato campione sardo di lancio del martello, ho praticato getto del peso, ho fatto corsa campestre, nuoto e pallanuoto.».
Questa versatilità l'ha aiutata quando ha deciso di dedicarsi al pentathlon moderno?
«Credo di sì. Nonostante non fossi bravo con la pistola, ho conquistato un quarto posto ai campionati italiani».
Il suo grande amore, però, sono sempre stati i cavalli. Ne ha montato centinaia, si ricorda ancora il primo?
«Si chiamava Gina. Con lei, all'età di 16 anni, sono arrivato terzo al primo concorso a cui ho partecipato».
Cavallo e cavaliere: chi conta di più?
«Il ruolo decisivo è del cavallo. Con un brocco non si cava niente di buono».
I cavalli sardi come sono?
«Con l'anglo-arabo-sardo abbiamo una grande tradizione. L'Isola è una piccola Irlanda».
Cosa occorre per essere grandi cavalieri?
«Sensibilità, prontezza di riflessi, equilibrio e coraggio».
Come vede il futuro Paolo Racugno?
«Bene. Almeno finché avrò salute e lucidità mentale».
Mauro Madeddu