Rassegna Stampa

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A 70 anni dalla morte pochi ricordano la medaglia d’oro Italo Stagno

Fonte: web Ad Maiora Media
8 maggio 2017


A 70 anni dalla morte pochi ricordano la medaglia d’oro Italo Stagno


stagno_italoItalo Stagno non  è un nome completamente ignoto ai cittadini di Cagliari, se non altro perché il Comune gli ha intitolato la scuola elementare del quartiere Is Mirrionis e una piazza nel quartiere di San Michele nel 2004. E’ anche vero che dalla piazza, alcuni anni fa, è stata fatta sparire la targa che lo ricorda e, malgrado i continui solleciti alle autorità comunali, questa non è stata ripristinata. Ovviamente il Comune nega che il mancato ripristino sia dovuto al passato non politicamente corretto di Italo Stagno. Sta di fatto, però, che nella Città capoluogo vi è, oltre a Stagno, solo Enrico Endrich, ex podestà fascista di Cagliari, che vanta il primato di targa sparita e non ricollocata.


Detto ciò, è opportuno, a settant’anni dalla morte, ricordare non solo il valoroso combattente, ma anche l’uomo impegnato nel campo culturale, politico e sociale, tanto da assurgere a ruoli di rilievo nell’ambito della politica sociale del Ventennio. Italo Stagno nacque a Cagliari nel 1902. Giovanissimo si impegna nell’organizzazione sindacale. Nel 1929, da vita al giornale universitario “Pattuglia” e in poco poco più di due anni ne furono stampati 33 numeri: ebbe collaboratori di fama nazionale come lo storico Delio Cantimori e l’autore e regista teatrale Anton Giulio Bragaglia, ma acquistò notorietà sopratutto per la battaglia che ingaggiò contro l’introduzione nelle miniere sarde del cosiddetto ‘metodo Bedaux’, ovvero la retribuzione degli operai non più rapportata alle ore lavorate, bensì alla quantità di merce prodotta. Questa e altre campagne procurarono a Stagno non pochi grattacapi: «33 numeri, 2 sequestri, molte censure, interminabili grane, cordialità timide, inimicizie palesi, indispensabili, corroboranti. Questo, all’incirca, il nostro bilancio senza scoperti». Conseguita la laurea in giurisprudenza ebbe l’incarico di direttore didattico presso la scuola elementare di piazza del Carmine, salvo poi trasferirsi, nel 1931, a Vercelli per ricoprire l’incarico di segretario del sindacato dei lavoratori del tessile. Con questa funzione introdusse nel contratto collettivo dei lavoratori lanieri di Biella, per la prima volta in Italia, l’istituto degli assegni familiari.

Italo Stagno è ancora parte attiva nell’introduzione degli assegni familiari nel contratto nazionale per tutti i lavoratori dell’industria, l’11 ottobre del 1934. L’istituto fu, via via esteso anche ad altri settori produttivi per culminare nella legge 1048 del 1937 che rendeva obbligatoria l’erogazione degli assegni familiari a tutti i settori della produzione. Da li ebbe inizio il suo affermarsi come uno fra i maggiori esperti in problemi sindacali e del lavoro. Divenuto, il 23 marzo 1939, consigliere nazionale della Camera dei fasci e delle corporazioni, su richiesta di Mussolini fu chiamato a far parte del gruppo degli esperti che avrebbero dovuto predisporre i provvedimenti per la socializzazione delle imprese. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Stagno, che pure per il suo incarico politico non poteva essere richiamato, partì volontario nel gennaio del 1941 e nel giugno 1942, col grado di tenente venne assegnato al 1° reggimento alpini della divisione “Cunense”. Il 28 luglio parte per il fronte russo ed il 25 settembre è in linea sul Don. Con la grande offensiva russa del gennaio 1943, inizia con l’ordine di ripiegamento la tragica odissea. Nei giorni che seguono emergono le sue doti che lo vedono, con eroici slanci, battersi sempre alla testa dei suoi uomini. Dopo dieci giorni di marce forzate ed aspri combattimenti, il 28 gennaio a Valujki, dopo disperata resistenza viene catturato. Inizia così il calvario della prigionia affrontata in ogni circostanza con fierezza e generoso altruismo nei campi di concentramento a Susdal, campo 171 a Kazan, campo 5 a Kiev. Subisce più volte punizioni quale organizzatore di Sante Messe clandestine, per le aperte difese dei compagni colpiti da ingiustizie e illegali vessazioni e per aver sempre respinto come ufficiale la revisione del proprio passato.

Nel dicembre 1945, ebbe la visita di un gruppo di esponenti del Partito comunista capeggiati da D’Onofrio, che nel dopoguerra diventerà vicepresidente della camera. I comunisti tentarono di convincere il ‘sindacalista nazionale’ a schierarsi dalla parte della classe operaia, ovvero del Pci e dell’Unione Sovietica ottenendone un fermo e motivato rifiuto: “Noi abbiamo un dovere, quello di riportare in Italia intatte la bandiera e la fede che migliaia di fratelli caduti nelle steppe gelate di Russia e sui campi di battaglia ci hanno affidato. Siamo prigionieri ed abbiamo perduto la grazia di essere uomini liberi, siamo però sempre legati ad un giuramento e dobbiamo mantenerlo per essere degni dei nostri Caduti. Signori, noi siamo i deputati dei morti”.

Tutto ciò  gli costò il cosiddetto ‘trattamento speciale’ che lo portò alla malattia e poi alla morte nel campo di prigionia 160 a Susdal il 24 settembre 1947. Il tenente medico Enrico Reginato gli rimase accanto fino all’ultimo respiro e rientrato in Italia nel 1954, alla fine di una lunghissima prigionia, scrisse: «Dopo avermi raccomandato di recare in Patria il suo saluto ai familiari, ricordò di aver dimenticato al campo da cui proveniva un libricino di appunti nel quale, disse “c’è un po’ della mia anima”. Italo Stagno era già spirato quando riuscii a recuperare quel taccuino. Vi trovai una toccante composizione poetica, della quale ricordo alcuni frammenti: di essi desidero resti traccia…». Il compositore Mario Lanaro, già direttore del coro della Brigata alpina Julia, scelse alcuni versi della poesia da mettere sul pentagramma e con mani sapienti creò un nuovo canto, “Finché la notte”. Ecco i versi più struggenti di questo canto:
« … Sono stanco
e occorre che vada
che trovi l’ultimo lido
prima che venga notte …
Dammi, o Signore, la strada! »