LUNEDÌ, 25 MAGGIO 2009
Pagina 5 - Sardegna
Ieri è stata l’ultima notte del pellegrinaggio sulla Moby a Barcellona
Uno scalo a Oristano prima di rientrare a Bonaria
L’EVENTO RELIGIOSO Dalla Sardegna alla Spagna alla ricerca delle origini
DALL’INVIATO ROBERTO PARACCHINI
BARCELLONA. Circa quattrocento abitanti di Barcellona hanno visitato la mostra dedicata alla Madonna di Bonaria interna alla Moby Drea, la nave attraccata sino alle 22 di ieri notte nel porto della capitale della Catalogna. Compreso il viaggio, quattro giorni di pellegrinaggio.
«Quattro giorni di pellegrinaggio per riandare alle origini», come ha affermato l’arcivescovo di Cagliari Giuseppe Mani durante la messa di venerdì tenuta nella basilica della Madonna del Mar. Un evento reso possibile grazie alla nave messa a disposizione dall’armatore Vincenzo Onorato e alla volontà dei padri mercedari (custodi di questa Maria). «Traghetto a parte - spiega Antonio Esposito, l’anima dell’organizzazione - il costo è stato di trecentomila euro e siamo ancora sotto di centottantottomila. Comune e provincia di Cagliari hanno promesso qualcosa. La Regione non si è fatta nemmeno sentire».
Questioni contabili a parte, è stato un viaggio-omaggio alla santa patrona della Sardegna e dei naviganti che ha simbolicamente conciliato (o riconciliato) l’isola col vagabondare e viaggiare per mare. Un fare pace che questo pellegrinaggio di novecento persone nei luoghi che la tradizione dice aver dato i natali a questa Madonna, ha fortemente auspicato.
Partita da Cagliari giovedì mattina, si potrebbe dire che questa nave che ha indicato una strada, oggi in disuso: quella dell’apertura e della contaminazione con altri luoghi, culture e costumi, e col mare, soprattutto, non come elemento di separazione ma di unione.
«Io - spiega Carla Rais che con la famiglia partecipa al pellegrinaggio - sono sempre stata devota alla Madonna perchè oltre a essere sarda, lavoro nel settore del mare, nei rimorchiatori della Moby». Il marito, Gerolamo Esposito, ex comandante della stessa compagnia, concorda: «Per noi naviganti la Madonna di Bonaria è sempre stata un aiuto: il mare è affascinante, ma quando si arrabbia...». Da qui la leggenda del potere miracoloso della cassa che ha portato l’icona, tramite i flutti, sino alla collina di Bonaria, a Cagliari. Per secoli le schegge di quel sarcofago in legno di carrubo furono molto ambite perchè - si raccontava - in caso di tempesta, gettandole in mare, le acque si sarebbero calmate. Questa credenza ricorda che nel 1370, durante una traversata terribile, una nave catalana che dall’Italia stava recandosi a Barcellona, a un certo punto cercò di alleggerire il traghetto buttando in mare tutto il carico, compresa la cassa dove c’era la statua di Maria Vergine. Ma questa riaffiorò fungendo da bussola e guidando la nave sino a Cagliari.
E così, da allora, sono stati «soprattutto i marinai ad avere una particolare devozione per questa Madonna», chiedendone «la protezione al momento delle partenze», come scrisse nell’Ottocento anche il generale scienziato Alberto Della Marmora ne «L’itinerario dell’isola di Sardegna».
In un’altra epoca, nel porto di Barcellona, di fronte alla Moby Drea, ieri alle 19 un folto gruppo di devoti della Madonna si è radunano per celebrare il saluto alla città legata a questo culto. Tre ore dopo, il traghetto è salpato alla volta di Oristano, dove l’icona riprenderà oggi il tragitto del periplo di un anno fa, quello per i cento anni dalla sua nomina a patrona dell’isola. Per poi, in serata, riprendere il mare verso Cagliari dove attraccherà domani mattina.
Ieri pomeriggio prima della messa-saluto, la Madonna di Bonaria è rientrata, in forma privata, nella Moby Drea dalla basilica di Maria della Mercè (dove era stata portata venerdì dopo la processione e le celebrazioni nella Maria del Mar). Durante la funzione, officiata da padre Giovannino Tolu (generale dell’ordine dei mercedari) è stato ricordato soprattutto il ruolo di speranza incarnato, per i cattolici, dalla madre di Cristo. Ma il viaggio-pellegrinaggio - è stato - anche una festa. «Mia madre è molto devota - spiega Stefania Uselli, insegnante di Gonnesa - ci aveva fatto sapere che si erano liberati dei posti e che potevamo portare anche i bambini, Paolo di sette mesi e Pietro di cinque anni. Ed eccoci qua». Per loro, precisa il marito Roberto Tiddia, geometra, «i due aspetti, religioso e di visita a Barcellona, si sono fusi assieme». E così è stato per tutti, come previsto dagli stessi organizzatori, che hanno promosso diverse gite per la città e l’hinterland.
Preghiere, giochi a carte, messe, chiacchierate, recite del rosario, canti (di Maria Paola Aresu e chitarra di Luigi Puddu), risate, riflessioni, visite-contaminazioni con Barcellona: il pellegrinaggio è stato tutto questo. E anche confronto con le regole di una città laica che separa il religioso dal resto e che ha - probabilmente - fatto sì che durante la processione di venerdì i vescovi e i cardinali fossero in clergyman. Ma «il rispetto delle regole altrui - sottolinea padre Giovannino - va sempre rispettato, anche da parte nostra».
«Ama il tuo Dio e il prossimo come te stesso», recita la tradizione ebraico-cristiana. E questi quattro giorni di viaggio sono stati anche una sorta di fuga dall’onnipresenza degli schermi televisivi che, in stile “1984” e “Fahrenheit 451” di George Orwell, spesso eliminano i vicini e il prossimo. Un modo per riunirsi e festeggiare e riguadagnare la speranza. Che poi si fosse cattolici o meno, a questo punto, poco importa...