La visita istituzionale del presidente del Parlamento europeo a Cagliari Insularità, Tajani si schiera:
«Sosterrò la vostra battaglia»
La Sicilia è ancora nell'obiettivo uno e riceve dall'Europa 4 miliardi. La Sardegna è in una fase transitoria e incassa 980 milioni. Questo accade perché a Bruxelles per definire il nostro ritardo di sviluppo usano solo il parametro del Pil che nell'Isola è di 31,6 miliardi (19.021 pro capite, il 73% della media nazionale) ma è fortemente condizionato dal fatturato di aziende che producono nell'Isola ma qui non lasciano nulla. Se invece si utilizzassero criteri più oggettivi e realistici come il tasso di disoccupazione o di istruzione, lo spopolamento, i deficit infrastrutturale ed energetico e la disuguaglianza sociale saremmo nell'obiettivo uno. E avremmo molti più fondi da investire nell'istruzione o nella crescita dell'economia reale.
NON SOLO PIL Salvatore Cicu, eurodeputato del Ppe, insiste molto su questo argomento sul quale ha lavorato per un anno ottenendo nell'aula di Bruxelles l'approvazione a larga maggioranza di una risoluzione che impegna l'Europa a lavorare in questa direzione. Un tema sul quale Cicu ha uno sponsor di primissimo livello: il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani che ieri a Cagliari ha sostenuto anche questa battaglia.
«Farò in modo che la Commissione europea segua attentamente il dossier e cerchi di dare seguito a quella presa di posizione», promette, «per arrivare a soluzioni positive per la Sardegna ma anche per tutti i territori che per la loro specificità geografica sono rimasti indietro». Sarà possibile solo dopo il 2020. «Ma bisogna agire subito», rimarca Cicu.
IL PATTO PER LE ISOLE «Sono un amico della Sardegna», ripete Tajani che da giornalista (è stato inviato de Il Giornale), da privato cittadino e da deputato europeo (è a Bruxelles dal '94) è stato spesso nell'Isola e ne conosce i problemi. «Pensate che cosa farebbero gli americani se avessero uno solo dei vostri nuraghi», ha ribadito ieri davanti agli studenti del master in Management of human and organizational development dell'università di Cagliari e all'incontro con le organizzazioni di categoria nella sede di Confindustria. Perché la battaglia dell'insularità («la sosterrò, significa avere più risorse») se vinta può aprire nuovi scenari anche su turismo e trasporti.
TURISMO UGUALE INDUSTRIA Sul turismo, in particolare, pensa che sia necessaria una nuova rivoluzione industriale: «Non è un comparto dei servizi ma dell'industria e quindi necessita di una politica industriale che l'Italia e tanto meno la Sardegna non hanno. Valorizzare le nostre bellezze significa dare linfa all'alberghiero, al manifatturiero, all'edilizia, all'auto e ad altri settori. E significa dare speranze ai giovani perché il turismo», sostiene , «è il comparto che occupa più giovani e sul quale bisogna investire di più in formazione. Anche la Sardegna», aggiunge, «deve puntare di più sulla formazione di manager del turismo se vuole crescere».
Tajani parla spesso di sostegno all'economia reale, suscitando le simpatie del mondo delle imprese.
LE DOMANDE DELLE IMPRESE Certo, gli industriali hanno esigenze concrete e per questo gli fanno domande pratiche. Il leader di Confcommercio Alberto Bertolotti, ad esempio, da imprenditore balneare chiede se ci sono margini per modificare la direttiva Bolkestein che estende a tutte le nazioni europee il mercato delle concessioni balneari e rischia di uccidere le imprese italiane del settore. Tajani non dà molte speranze: «L'Italia su questo tema ha lavorato male, la situazione è quasi compromessa». A Luca Saba, presidente di Coldiretti, non convince il Ceta, l'accordo economico e commerciale tra Europa e Canada che - sostiene - «avvantaggia alcuni prodotti che magari nascono dove il costo del lavoro è molto più basso o, ancora peggio, si sfruttano i lavoratori». Il leader del Parlamento Ue, ma anche Cicu che quell'accordo lo ha votato, difendono quell'intesa.
«TROPPA BUROCRAZIA» Roberto Bolognese, numero due di Confesercenti, lamenta un eccesso di burocrazia in Italia e lo dice non solo perché le 200 mila tra leggi e norme italiane penalizzano le aziende locali ma impediscono anche di attirare investitori. Un argomento al quale il numero uno dell'Europarlamento è sensibile visto che ricorda spesso che le imprese europee guardano poco oltre confine e devono crescere. In particolare quelle italiane, troppo piccole, poco sensibili a investire in ricerca e innovazione e sull'internazionalizzazione.
Parla soprattutto di grandi temi, Tajani, ma qualche volte scende nei dettagli elencando a studenti e industriali programmi comunitari di riferimento e opportunità sul piano finanziario. E invita a difendere l'Europa. «Era e resta una grande opportunità».
Fabio Manca