Tutto a pagamento, nelle ramblas si mescolano sacro e profano
Una Barcellona indifferente e a tassametro accoglie l'arrivo della Madonna di Bonaria. Delusi i pellegrini.
DAL NOSTRO INVIATO
GIANCARLO GHIRRA
BARCELLONA I più devoti fra gli ottocento pellegrini cantano le lodi della Madonna di Bonaria nella basilica barocca di Santa Maria della Mercè. Ma i più sono in giro per il Barrio gotico, per le ramblas, per il Paseo de Gracia. Duecento si sono spinti sino a Montserrat, qualcuno ha raggiunto Montjuc alla scoperta di una Barcellona che apre la porta a tutti, ma mostra il suo volto di città mercantile e secolarizzata piuttosto che quello della fede.
I Padri Mercedari sono felici di essere qui, alle radici del loro Ordine e del culto della Madonna di Bonaria. «Siamo nati in Catalogna - racconta il Generale Giovannino Tolu nel corso della catechesi in Basilica - per lottare contro la schiavitù dei cristiani nel nome di Maria. E a lei, come nostra madre, chiediamo di intercedere per noi verso Cristo». Torna nelle omelie e nelle esegesi dei sacerdoti il ruolo della Vergine quale intermediario fra gli uomini e Dio. «Un ruolo simile a quello della nostra madre terrena», spiega il vescovo ausiliario Mosè Marcia, ricordando la solidarietà e l'affetto di una madre che ti fa compagnia, ti rassicura, ti rasserena nei momenti di difficoltà.
Eppure questa dimensione religiosa non esce dai confini degli ottocento pellegrini e della nave che li ospita, la Moby Drea. Barcellona non dedica loro grandisisma attenzione. Neppure una riga appare sulla Vanguardia e sugli altri giornali catalani e spagnoli. La città laica della Spagna di Zapatero rispetta la religione ma la racchiude nei confini delle basiliche. Persino la processione è vissuta come un servizio che costa agli organizzatori 1500 euro per l'occupazione, seppure temporanea, del suolo pubblico.
Città mercantile, Barcellona innervosisce l'organizzatore del pellegrinaggio, Antonio Esposito, che deve rinunciare all'esposizione - offerta di prodotti sardi e ridimensionare l'esibizione de is fassonis di Santa Giusta nelle acque del porto. Qui tutto ha un costo, tutto si paga, scopre la comitiva sarda.
Una comitiva nella quale il sindaco di Cagliari Emilio Floris tenta di allacciare i contatti con la capitale catalana. Incontra il sindaco, meglio l'alcalde, di Barcellona, lo invita a venire nell'Isola. E concorda con lui, Jordie Hereu, l'idea di un collegamento aereo diretto fra Cagliari e la città delle Ramblas.
Sacro e profano si mischiano in un viaggio che si concluderà stasera con una messa solenne al porto. Poi la Moby Drea salperà verso Oristano, per riportare la Madonna a Bonaria martedì mattina. Nell'attesa, gli ottocento pellegrini vivono questo viaggio con un misto di religiosità e spirito turistico. C'è chi, come padre Luigi Belfiori, sorride felice per il ritorno alle origini, alle radici di una fede popolare nella quale tradizioni spagnole e sarde si intrecciano. E c'è chi fa il turista, invadendo le ramblas e Plaza Real con il ballo sardo in costume e il suono delle launeddas di Nicola Agus, giovane suonatore di Sinnai. Ma le tante anime della comunità si intrecciano, se è vero che anche padre Nunzio accompagna i danzatori in un'atmosfera di festa, in una Barcellona dove la sera compaiono come per incanto nelle antiche strade del Barrio Gotico cantanti, musici, saltimbanchi.
In una terra che fu religiosissima e ricca di rituali, oggi i sacerdoti, a partire dal cardinale Lluis Martinez Sistach, evitano fuori dalle chiese le vesti eleganti. Portano il clergyman, l'austera veste scura, pantaloni, gilet e giacca. Anche nelle cerimonie ufficiali non hanno il ruolo riconosciuto loro in Italia. La cattolicissima Spagna conosce un momento storico in cui il rapporto fra Stato e Chiesa è di fortissima, reciproca, limitazione.
La laica Barcellona accoglie dunque i pellegrini sardi con affetto ma senza enfasi. Sono tanti, troppi, i visitatori di una città che conta un milione e mezzo di abitanti e milioni di visitatori. Non a caso padre Salvatore Mura, rettore del Santuario, rivela che il cardinal Martinez Sistach si augura che dalla Sardegna arrivi una spinta spirituale nella sua città. E dalla Moby Drea scende a terra qualche centinaio di fedeli impegnatissimi in lodi, rosari e messe. Ma con loro anche centinaia di turisti interessati a cogliere il fascino di una città vivacissima.
Sacro e profano convivono fra i pellegrini, nelle famiglie stesse. Tonino Carboni, tipografo in pensione di Assemini, gira con la macchina fotografica a tracolla, curioso di ogni particolare da ricordare, mentre suo figlio Matteo e sua moglie Vitalina partecipano ai riti religiosi con maggiore intensità. E la vita dei pellegrini non è fatta soltanto di preghiere e di canti, di incenso e turiboli, ma anche di partite a carte e di cene gustate sino in fondo. Per molti il pellegrinaggio è anche una crociera low cost.
E se i più devoti storcono il naso, i Padri Mercedari sorridono.
24/05/2009