Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Porto antico, cuore malandato Botellón notturni, aggressioni, pochi servizi. E i turisti fuggono

Fonte: L'Unione Sarda
31 marzo 2017

Sui moli davanti a via Roma resistono un bar e un ristorante: «Qui siamo abbandonati» Porto antico, cuore malandato Botellón notturni, aggressioni, pochi servizi. E i turisti fuggono 

Ogni fine settimana, da mesi, il porto antico di Cagliari è terra di nessuno. Un porto franco, per usare un gioco di parole. «Ragazzi e ragazzini hanno preso l'abitudine di radunarsi qua a decine per fare il cosiddetto botellón», spiegano dalla Marina Portus Kalaris, la società che nel molo Dogana gestisce i pontili destinati alle barche da diporto. Arrivano all'imbrunire. Il venerdì sono un centinaio, più di duecento il sabato.
«Portano casse di alcolici da bere, mettono la musica e vanno avanti sino a notte fonda, lanciando bottiglie sulle barche o le auto, distruggendo le panchine e le balaustre di protezione, lasciando spazzatura ovunque. La domenica mattina qua è un campo di battaglia». Veri e propri rave a cielo aperto, insomma. Le segnalazioni fioccano. «Ogni tanto polizia e carabinieri mandano una pattuglia, ma servirebbe un presidio fisso».

In un angolo riparato tra la caserma dei vigili del Fuoco e il molo c'è la zona dello spaccio. I velieri e gli yacht ormeggiati, alcuni abitati tutto l'anno, diventano orinatoi. I furti a bordo non si contano. Qualcuno li usa persino per dormirci la notte. Le fioriere sono nascondigli per la droga. «Sino a qualche mese fa c'era anche il problema dei migranti che stavano accampati in piazza Matteotti, alcuni di loro erano pericolosi e molesti». Ora invece il problema sono le orde di giovanissimi sardi che hanno trovato qui il loro punto d'incontro per passare la notte all'insegna dello sballo. Le uniche attività commerciali aperte - solitarie come fiori nel deserto - sono il lounge bar Hublot e la Trattoria del Porto. Ma lavorare da queste parti sta diventando sempre più difficile. Sabato scorso una delle dipendenti del bar è stata inseguita e minacciata sino alla porta del locale. Si è dovuta barricare dentro. La sua colpa? Aveva osato sgridare un baby teppista che si divertiva a scagliare una transenna contro le auto. «Ho chiamato la polizia ma mi hanno detto che non avevano pattuglie da mandare - racconta Elena -. Questa zona sta diventando invivibile, la situazione peggiora giorno dopo giorno».

Sfregiato, in parte abbandonato, eterno incompiuto. Così è ridotto l'antico porto di Cagliari, la vecchia Darsena disegnata tra il 1200 e il 1300 da quei formidabili uomini di mare che erano i pisani, appena 30 metri in linea d'aria dai portici di via Roma e dagli scintillii del centro storico, dai suoi bar, ristoranti e boutique. Potrebbe (dovrebbe) essere il fiore all'occhiello dell'offerta turistica della città, il naturale e suggestivo sbocco sul mare dei quartieri di Marina e Stampace, luoghi simbolo del rinascimento cagliaritano degli ultimi 10-15 anni. A parole tutti lo vogliono rilanciare, il porto storico. Da sempre. Ma i progetti sono rimasti in gran parte sulla carta. C'è stato un tempo in cui qua attraccavano bastimenti carichi di tessuti e spezie che poi ripartivano con le stive piene di lana, grano, formaggi e vini. Settecento anni fa, quando il vecchio porto di Barcellona era ancora un villaggio di pescatori, la Darsena di Cagliari era già un approdo strategico del Mediterraneo. Oggi il Port Vell della metropoli catalana è un gioiello con ristoranti, negozi e cinema, mentre nel cuore dell'antico scalo cagliaritano - che si estendeva dal molo Ichnusa alla punta di levante in corrispondenza dell'attuale Largo Carlo Felice - i servizi per i turisti mancano del tutto.

Scalo merci sino ai primi del Novecento, arsenale militare durante l'ultimo conflitto mondiale, attracco dei traghetti della Tirrenia nel primo Dopoguerra. Nel corso degli anni questo specchio d'acqua ha cambiato aspetto tante volte, a lungo separato dal resto della città da una recinzione che impediva l'accesso, poi liberato ma mai realmente restituito ai cagliaritani. A parte le fila di parcheggi (tanti, forse troppi) c'è una piccola e curata zona diportistica, qualche sgangherato peschereccio oltre il molo Sanità, otto postazioni per la ricarica delle auto elettriche. Qualcosa è stata fatta: la passeggiata, la pavimentazione nuova, belle panchine con le pensiline in legno. Ma è troppo poco. Lo Stato si è preso gli spazi migliori: gli edifici che ospitano la Capitaneria di Porto, la caserma dei Vigili del fuoco e la Marina militare riducono al minimo la superficie disponibile per attività commerciali e turistiche, rendendo molte aree interdette anche ai pescatori della domenica. «In ogni porto turistico del mondo c'è un'area dedicata a noi - dice Giancarlo mentre va via con la canna da pesca in spalla e una busta piena di seppie -, qua invece i moli sono quasi tutti interdetti». La vecchia Stazione Marittima, abbandonata da anni, è spesso il ricovero notturno di senzatetto e sbandati. L'unica struttura nuova è il Terminal Crociere nel molo Ichnusa, finito al centro di alcune inchieste della magistratura, dove però i bisonti del mare non possono attraccare perché il fondale è troppo basso. Così negli ultimi anni è stata utilizzato principalmente come campo di prima accoglienza per i migranti in arrivo sulle navi che li salvano dai naufragi.

«Abbandonati, ecco come ci sentiamo - accusa Fabrizio Mura, che dal 2002 ha aperto la Trattoria del Porto dove prima c'era lo storico bar-tabacchi di famiglia -. Le potenzialità di questo porto sono enormi, ma noi le sfruttiamo al 5%. Si organizzano un paio di eventi ma per il resto è tutto morto. Due anni fa, quando c'è stato il Rally, tutta l'area è stata chiusa per ragioni di sicurezza e noi non abbiamo potuto aprire il ristorante. Mi dica, le sembra una cosa normale? Anche l'accesso è complicato, non c'è illuminazione, non ci sono bagni, la notte non c'è sufficente controllo e girano tanti loschi individui. Perché un turista dovrebbe farsi una passeggiata qua?». Andrea Casimirri, marchigiano, dirige la Marina di Portus Kalaris, una delle poche attività che funzionano nella Darsena. Ha girato il mondo per 20 anni e ha deciso di fermarsi a Cagliari conquistato dalla bellezza della città e del suo mare. «Ho visto tanti porti, in Europa e in America, posso assicurarvi che qui ci sono potenzialità incredibili se solo le si valorizzasse. C'è tanto da fare, ma bisogna iniziare a farlo».

Sul parabrezza dell'auto lasciata nel parcheggio a pagamento c'è una multa firmata Apcoa: il ticket scadeva alle 11.58 e sono le 12.13. Nove euro per 15 minuti di ritardo. Pare l'unico servizio efficiente, qua nel vecchio porto.
Massimo Ledda
1/Continua