All'Hostel Marina l'incontro sull'educazione parentale, praticata in Italia da oltre mille famiglie
Niente scuola, ci pensa mamma I racconti di chi ha scelto di istruire i figli a casa: «Ora siamo felici»
Marco ha dieci anni e non deve più alzarsi ogni mattina alle 7 per andare a scuola. Niente campanella e ore su ore seduto davanti a un banco, niente voti né compiti a casa. Fa colazione con calma, poi sta con la mamma. È lei - Rossella Mura, ristoratrice cagliaritana - che pensa alla sua istruzione, che gli spiega il mondo mostrandoglielo dal vivo, toccandolo con mano ogni giorno.
«MARCO ORA È FELICE» «Marco legge molto e, attraverso l'esperienza quotidiana, si avvicina agli argomenti che gli interessano - racconta -. Sta tanto all'aria aperta e viaggia molto con me e col padre. E ogni viaggio è una straordinaria occasione di apprendimento e di conoscenza. Ma soprattutto ora è sereno, che per noi è la cosa che più conta». Rossella è uno dei circa mille genitori italiani che hanno scelto di non mandare più i figli nella scuola pubblica ma di istruirli a casa da sé. Si chiama homeschooling o istruzione parentale e rappresenta un'alternativa - soprattutto nella variante più radicale dell' unschooling , cioè l'apprendimento naturale attraverso l'osservazione - alla formazione tradizionale fatta di programmi ministeriali, nozioni da mandare a memoria e giudizi. Una gita in campagna si trasforma in una lezione di botanica, la mostra sui dinosauri nell'occasione per parlare di preistoria. «Per me è stata un'illuminazione - dice Rossella -, l'esperienza scolastica per mio figlio non è stata buona, ha sofferto e le maestre ci dicevano che forse lo stimolavamo troppo, come se l'immaginazione e la curiosità fossero delle colpe. Sia chiaro, non ho nulla contro la scuola, semplicemente ho scelto una strada diversa. L'importante è che ci sia la possibilità di scegliere».
COME FUNZIONA Diffuso da tempo negli Stati Uniti e nel Nord Europa, negli ultimi anni l'homeschooling sta prendendo piede anche in Italia. Anche perché è perfettamente legale: basta inoltrare un'autocertificazione al dirigente scolastico in cui si precisa di “essere in grado, in termini di competenze tecniche e di possibilità economiche, di garantire per il proprio figlio l'adempimento dell'obbligo di istruzione e formazione” dai 6 ai 16 anni.
LA PIONIERA Erika Di Martino, italoamericana, ex insegnante, è la pioniera in Italia di questo modello educativo. Fondatrice del network educazioneparentale.org e del sito controscuola, sabato era a Cagliari per raccontare la sua esperienza nella sala dell'Hostel Marina. Ha cinque figli e nessuno di loro ha mai messo piede in una scuola pubblica. «Le motivazioni che spingono i genitori a istruire i propri figli fuori dalla scuola, anche con l'aiuto di parenti o persone vicine, sono tante - spiega -. Il piacere di stare con loro e accompagnarli nella crescita attraverso un percorso personalizzato, ma anche il fatto che i bimbi hanno necessità che la scuola, dove in una classe ci si deve occupare di 20-25 alunni, non è in grado di soddisfare. L'educazione parentale può inoltre essere utile per i bimbi con bisogni speciali e una valida risposta al grave problema del bullismo, che l'istituzione scolastica molto difficilmente riesce a contrastare».
SOCIALIZZAZIONE Ma così non ne risente il percorso di socializzazione dei bambini? «Questo è un mito da sfatare - replica Erika -. Qui a Cagliari siamo sei famiglie a fare travel schooling, ci sono bambini dai 15 anni in giù e tutti insieme scopriamo la Sardegna e la sua storia. Ad esempio visitiamo i nuraghi e poi approfondiamo l'argomento. I nostri figli hanno tanti amici e frequentano i loro coetanei, semplicemente lo fanno fuori dalla scuola. Se siamo dei privilegiati? Per nulla. Anche io facevo un lavoro canonico con orari da ufficio, l'ho lasciato inventandomene un altro che mi consentisse di stare coi miei figli. Mio marito invece è un impiegato ma fa di tutto per passare più tempo con noi. Come si dice in questi casi, volere è potere».
Massimo Ledda