Il Tar dà ragione alla vedova di un giardiniere del Comune morto nel '96
Non solo l'interessato, ma anche il coniuge o gli eredi possono chiedere che venga riconosciuta la dipendenza da causa di servizio di una malattia. Lo hanno stabilito i giudici della Seconda Sezione del Tar Sardegna che ieri hanno accolto in parte il ricorso presentato contro il Comune di Cagliari dalla moglie di un giardiniere morto per un tumore nel 1996. Dichiarata dai giudici inammissibile, invece, la parte del ricorso dove si chiedeva di indicare un “equo indennizzo” con interessi e rivalutazione.
LA VICENDA La donna, rappresentata dall'avvocato Antonello Arru, si era rivolta al Tar quando il Comune nel luglio 1997 aveva archiviato la sua richiesta di ottenere la dichiarazione della dipendenza da causa di servizio del tumore al polmone che, in tre mesi, aveva ucciso il marito. L'uomo, deceduto nell'agosto del 1996, aveva lavorato quasi trent'anni come giardiniere per l'ente pubblico, dal 1964 al 1993. E quando, pochi mesi dopo il decesso, la moglie ha inoltrato la richiesta, la domanda istruita dagli uffici comunali è stata inoltrata all'Ospedale militare che ha risposto picche perché l'istanza era stata formulata dall'erede coniuge. Sulla base di questa nota, anche l'Amministrazione comunale ha disposto l'archiviazione.
LA DECISIONE Nelle scorse settimane i giudici della Seconda sezione del Tar hanno deciso che «la norma prevede la possibilità che la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio possa essere proposta anche quando la menomazione dell'integrità fisica si manifesta dopo la cessazione del rapporto d'impiego prevedendo dunque che la domanda possa essere proposta anche dagli eredi dell'impiegato o del pensionato deceduto, entro sei mesi dal decesso». E siccome il giardiniere era morto dopo tre mesi dalla diagnosi e la vedova aveva avanzato la domanda dopo circa quattro mesi dal decesso, il parere della commissione medica dell'Ospedale militare «è da considerarsi illegittimo». (f.p.)
21/05/2009