SU SICCU. Tour nel piccolo quartiere formato dalle dimore galleggianti
Se la casa è una barca Racconti e storie di chi sceglie di vivere in porto
Uomini soli. Lupi di mare. Spiriti liberi. Spesso squattrinati. A Su Siccu alcune tra le centinaia di barche ormeggiate nei porticcioli turistici Marina del sole e Marina Sant'Elmo sono molto più di quel che si crede. Dimore per 365 giorni all'anno, case galleggianti che formano un piccolo quartiere.
Posizione centrale, servizi a portata di mano, costi contenuti (rispetto a quelli necessari per il mantenimento di un'abitazione) e una vista senza paragoni. Un borgo sul mare che si muove intorno a vecchi tavoloni di legno. Al centro, come in tutti i paesi, il bar. Anzi, più che un bar, un punto di ritrovo coperto e senza pretese: tavoli in plastica, libri, riviste e una macchina del caffè simil-domestica che riempie di un aroma deciso tutto il tendone. Nessuno sembra avere fretta. Qui si trovano per lo più uomini di mezza età dal passo stanco che si danno il cambio vicino al bancone. Si conoscono tutti.
ALTROCHÉ MAURITIUS Gary, inglese sulla sessantina, non vuol sentir parlare di foto o quotidiani. Non gli va. Basta sapere che si è fermato a Cagliari qualche anno fa mentre con la sua barca veleggiava in direzione delle Mauritius. Quel «paradiso chiamato Sardegna» gli ha fatto cambiare idea e ora trascorre il tempo senza inseguirlo tra un libro e l'iPad. Alessio Trogu della barca ha fatto un mestiere, una casa, uno stile di vita. «Bisogna capire che si tratta di un'esistenza diversa. La barca non è fatta per restare in porto. Offre l'occasione di viaggiare e di scoprire posti nuovi. Però certo, ci si può anche vivere. Un po' stretti, ma ci si può vivere».
Stefano Maciocco non si lascia scoraggiare e, nonostante gli spazi ridotti, continua a preferire la vita di coppia. «Vivere in barca è bello solo se si è in due. Almeno in due. Io ho vissuto così per diverso tempo quando mi trovavo a Olbia. Ora sono tornato dai miei familiari». Ecco i pro e i contro. «Si risparmia sulle spese di casa e, considerato il poco spazio, si fa presto a sistemare tutto: in un attimo è in ordine. Queste sono le cose positive. I contro: da soli è faticoso fare tutto e può essere triste tornare la sera e non trovare nessuno. Ma questo, forse, succede anche a casa». A cercar bene in questo strano paese di uomini, qualche donna c'è, ma preferisce restare in disparte. Monica vive sola da quando è rimasta vedova. Ha superato i settanta o forse è la vita di mare che le intristisce lo sguardo. È arrivata molti anni fa dalla Svezia. Non parla una parola d'italiano e non mostra alcun desiderio di volerlo imparare. Seduta su una sedia di vimini, fuma una sigaretta dopo l'altra tra le mille cianfrusaglie accatastate in ogni angolo, scruta l'orizzonte senza guardarlo e non lascia che nessuno salga a bordo della sua White Therry. Due file di barche più in là vive un'intera famiglia: padre, madre e bimba di 5 anni. Trovarli a bordo però è un'impresa. Lui lavora e lei, come qualunque casalinga, si occupa di tutto il resto. La loro casa sull'acqua racconta una vita compressa su sedici metri. Giocattoli a destra, sedie a sinistra e un tavolo al centro.
L'ESPERTO Chi sa bene come vanno le cose qua intorno è Massimiliano Montis, amministratore del porticciolo Marina del sole: 44 anni di cui 20 passati su questo pontile. «Per gli stranieri è decisamente più facile fare la scelta di vivere in barca. Vanno in pensione prima e hanno una disponibilità economica maggiore. Per sei mesi all'anno si fermano in una città di mare e, sempre più spesso, chi arriva a Cagliari decide di tornarci». Fatta eccezione per il problema dello spazio, la vita da marinaio offre molte comodità. «Si può fare tutto come in una casa. Anche ricevere la posta: basta indicare il nome del destinatario, quello della barca e il punto in cui è ancorata».
M. C.